giovedì, dicembre 27, 2007

Uccidiamo Babbo Natale 2

Babbo Natale era seduto tranquillo fronte al fuoco, parlava con se stesso e rimembrava a bassa voce il percorso che presto avrebbe compiuto per distribuire i suoi doni. Assorto e perso nei suoi pensieri, non immaginava né percepiva l’odio che tutti i bimbi, delusi dal mancato regalo sognato, riversavano in anatemi semplici, tipici di chi senza malizia si sente offeso da un torto subito. Avevo atteso ventun’anni prima di avere il regalo sognato da bambino ed in quel tempo di sofferenza immane è maturata in me la convinzione che nessuno mai, in così tenera età, deve essere deluso in quel modo, nessuno a quell’età deve odiare come ho odiato io il disillusore di sogni. Per Babbo Natale era arrivata l’ora di intraprendere il suo ultimo viaggio verso l’inferno e non sarebbe stato sicuramente un viaggio agevole, né piacevole. La partenza per la Lapponia era fissata per il 5 dicembre, avere 20 giorni a disposizione mi permetteva di lavorare con grande tranquillità. Il mio piano era perfetto, mi ero fatto assumere dopo essermi iscritto alla Adekkonen finnica come aiutante capo-renna part-time, in modo da essere a stretto contatto con il mio obiettivo ed allo stesso tempo, avere la possibilità di studiare i suoi punti deboli quando ero a riposo. In casa era inattaccabile, protetto dai suoi fidati gnomi dispettosi, ma allo scoperto, con le sole renne a fargli da scudo, non aveva possibilità. Quello era l’obiettivo, sfracellare le renne dopo la partenza e poi segare il lardoso in mille pezzettini da lasciare a qualche predatore. Per farlo, mi ero procurato tramite un’azienda americana di previdenza sociale e sanitaria, una confezione contenente cianuro e punte di frecce da 5 mm per cerbottana azteca, molto in voga per risanare i bilanci statali quando c’erano troppi malati o non guerrafondai. Come aiutante capo-renna, mi occupavo dei pasti serali ed anche quella sera, l’ultima prima della partenza, avrei preparato alle renne il loro piatto preferito, questa volta con un tocco di cianuro per dare forza alla pietanza. Iniziavo ad eccitarmi all’idea che tutto si sarebbe compiuto, il sapore della vendetta mi riempiva d’emozione, mai nella mia vita ero stato così vivo. Prima di portare la cena particular, dovevo finire di ultimare la preparazione del mio gatto delle nevi: c’erano, una carabina, due motoseghe, un’ascia, un filo d’acciaio con argano motore, 6 coltelli di varie misure, una daga, 2 etti di oppio, un localizzatore gps, una reflex digitale nikon, una telecamera, un visore ad infrarossi, un etto di prosciutto e 64 zanzare tigre in barattoli di panna per cucina da campo albina. Tutto era pronto, le renne erano inquadrate come uno squadrone di bersaglieri pronto alla corsa e Santa Claus osservava il minuzioso lavoro di preparazione antes-partenza senza muovere un dito. Sembrava un vecchio ubriacone che fissava il mondo intero cercando di far capire con lo sguardo ciò che nemmeno lui intendeva. Nella sua paciosa serenità, non immaginava minimamente che qualcuno potesse tramare alle sue spalle. Accarezzava il suo pancione gravido con gesti lenti, come se accarezzasse un invisibile gattone posato sulle sue ginocchia. Nella mia mente intanto, le torture di Guantanamo iniziavano a materializzarsi, quel vecchio tricheco, di sicuro sarebbe sopravvissuto allo schianto, ma non alle mie torture. L’ora era arrivata, il mio piatto speciale era stato consegnato a ciascuna renna che prima della partenza lo avrebbe consumato. La morte per arresto respiratorio degli animali sarebbe sopraggiunta dopo circa 15 min., avevo preparato la miscela con degli alcaloidi ritardanti per dare il tempo a Papà Noel di mettersi in viaggio. Intanto accompagnato dai suoi gnomi fedeli come Abraracourcix sullo scudo, Babbo Natale sorrideva, strillava e ruttava alla luna. Era veramente spregevole, lo guardavo dalla finestra della scuderia mentre si faceva issare sulla slitta. Erano passati 4 minuti, la carovana era pronta per partire. Con un ultimo saluto ai suoi gnomazzi, lo schiocco della frusta avviava la partenza, la renna naso rosso puntava a nord e le altre la seguivano. Io ero pronto, il gatto delle nevi era acceso, il localizzatore gps mi dava la posizione del panzone. Tra 8 minuti e 47 e 7 km percorsi ci sarebbe stato lo schianto. Dovevo sbrigarmi! Sfrecciavo nella notte tra gli alberi con la mia rombante motoslitta, l’aria pungente della foresta finnica tendeva i miei riflessi al massimo. I minuti correvano veloci, lo schianto sarebbe sopraggiunto di li a poco; e finalmente eccolo il tonfo, come una carovana che precipita da un dirupo, la schiera di renne ed il maiale in coda precipitavano dal cielo. Lo spettacolo era terribile, le renne ormai violacee giacevano a terra senza vita. Gli occhi strabuzzati, la lingua bluastra pendente ad un lato della bocca. Mi facevano una gran pena quegli animali coraggiosi, ma era necessario sacrificarli. Ed eccolo li, coperto dalla sua montagna di regali, Babbo Natale era ancora vivo, come immaginavo. Il suo stato di grasso di proporzioni abnormi aveva attutito l’impatto ed il suo respiro era regolare. Cercava di alzarsi e quando mi avvicinai mi riconobbe subito. Per un attimo un timido sorriso si affacciò in mezzo ai “canassuni”, ma quando gli sferrai un calcione dritto ai denti, realizzò che non ero li per aiutarlo. Dovevo agire in fretta, le mie torture dovevano essere terribili ma brevi, prima dell’alba di Santa Claus dovevano rimanere solo minuscoli pezzettini di lardo per carnivori. Inutile dilungarmi sui particolari, ma durante il vivisezionamento, tra i suoi pianti rantolava un’unica parola come un ritornello… perché… perché… perché! Era mio dovere fargli sapere perché stava morendo, ma se non lo aveva afferrato solo in tutti questi anni, era inutile provare a spiegarglielo… così prima di decapitarlo gli sussurrai: dopo 20 anni che cazzo me ne faccio del commodore 64? Fajoint

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