martedì, aprile 06, 2010


Il nostro caro amico Roberto Cipollone ci ha segnalato un suo set fotografico realizzato tra le strade e i vicoli del centro storico di Capistrello. Sono immagini belle e suggestive che danno colore e intensità a una parte del nostro Paese troppo spesso dimenticata e siamo contenti ed orgogliosi di ospitarle sulle nostre pagine web.
Per cominciare la passeggiata virtuale tra le piazze, le scalinate e gli orti del "Ricetto" e della "Cammerata" potete cliccare qui.
Buon viaggio.

domenica, aprile 04, 2010

Editoriale

Kaput torna dopo le elezioni e per la prima volta nel 2010, che il clima pre elettorale ci sembrava già abbastanza teso e abbiamo preferito mantenere un basso profilo. Ora che abbiamo di nuovo un sindaco magari le pubblicazioni torneranno a essere anche più regolari e vedremo di essere presenti quando ce ne sarà bisogno. Intanto sentiti ringraziamenti per questo numero vanno ad Enzo per le sue massime filosofiche, al tipografo Cachino e al grande Vituzzo, il porno attore truzzo.
Ora si riparte con la distribuzione nelle peggiori bettole del paese, se poi stasera vi va, ci si vede presso la sede dell’Arzibanda per una riunione programmatica aperta a tutti in vista della quattordicesima edizione... che qua sindaci o non sindaci, le associazioni, tutte, il lavoro lo continuano a fare sempre e comunque. Ah, a tal proposito vorremmo anche ricordare a chi ha fatto insinuazioni sulla nostra manifestazione in questi giorni di delirio pre-elettorale che le nostre idee non sono MAI state in vendita...

Babamassime

A noi non ci basta dirla, noi la pensiamo.

La povertà non è chi è povero, ma chi la cerca.

Quando uno è semplice è visibile.

La visibilità è l’essenza.

Alla fine dei conti, anzi alla rete dei conti, in effetti ti rendi conto di quello che è!

Pensierini elettorali

La settimana scorsa al mio paese si è fatta una cosa che si chiamano elezioni.
Le elezioni è una di quelle cose che fanno i grandi per fare i capi che poi li comandano.
Le elezioni che hanno fatto al mio paese servivano per fare i capi solo del paese e non per fare il capo della nazione, quelle che poi sono vent’anni che vince sempre uno nano e pelato e la gente che perde poi fa le rivoluzioni virtuali e si crede che così riesce a vincere la volta dopo ma poi riperde sempre.
A queste elezioni del mio paese ci stavano tre signori, uno più grande che non lavora più, uno che lavora coi cantieri e uno che fa l’avvocato. Alla fine ha vinto quello che non lavora più e mo però mi sa che gli tocca lavorare ancora e pure tanto perché il mio paese sta messo male ma proprio male che tutti dicono: cavolo quanto sta messo male quel paese.
Gli altri due signori hanno perso, però a me mi ha detto mio zio che veramente ci stanno pure tanti altri che hanno perso pure se non partecipavano.
Perché mio zio dice che ci stava tanta gente che pure se non partecipava voleva far perdere quello che poi ha vinto e facevano le cose di nascosto, andavano alla casa della gente a dire che non lo dovevano fare vincere e mandavano pure le lettere anonime proprio come fanno i mafiosi.
Alla fine però quello lì ha vinto lo stesso e mo è diventato il nuovo capo, quelli che hanno perso fanno gli oppositori del capo e quelli che non partecipavano ma hanno perso lo stesso non l’ho ancora capito quello che fanno ma mi sa che al massimo possono fare i capi solo dentro ai bar e basta.
Comunque quando ci stanno le elezioni al mio paese sembra tutta una grande festa che c’è anche quello che vende la porchetta e mancano solo le giostre per i bambini. Quei giorni e pure i giorni prima tutti ti salutano, ti pagano le caramelle e le lecca lecca e se sei grande pure le spinette.
Poi però succede che le elezioni finiscono e allora tutti si mettono a ricontare i voti per vedere chi te li ha dati e chi no e allora a quel momento cominciano tutti a regalare meno lecca lecca e qualcuno che sta più incazzato dice pure cose brutte su chi non lo ha votato, le famiglie litigano e gli amici non escono più insieme. Che per me queste so cose brutte ma è proprio così.
Insomma al paese mio prima e dopo le elezioni ci sta sempre qualcuno che parla male di qualcun altro perché noi siamo fatti un po’ così che non ci vogliamo bene mai, però io spero che quando sono diventato grande ci vogliamo un po’ più bene così è meglio per tutti e il paese diventa più bello.
Io comunque sono piccolo e forse ste cose le capisco poco, però un amico filosofo di mio zio che si chiama Babalotto gli ha detto una cosa l’altra sera che mo ve la scrivo così forse si capisce meglio: “Alla fine dei conti, anzi alla rete dei conti, in effetti ti rendi conto di quello che è!”. E infatti secondo me mo dobbiamo vedere come va a finire con questo nuovo capo, però mi sa che prima, a noi bambini, i grandi ci devono insegnare qualcosa di meglio che qua veramente sti giorni mi sembravano tutti pazzi! Boh! Speriamo Bene!

L'asfalto drenante dell'autostrada del sole.

L’asfalto drenante dell’autostrada del sole non è lo stesso che toccano le ruote del 12 notturno; quello che i proprietari del ristorante sotto casa cercano di prendere al volo chiudendo in fretta il locale che poi chissà quando passa il prossimo.
Sull’asfalto drenante dell’autostrada del sole puoi permetterti di stare sopra ai 100 pure se di acqua ne cade così tanta che Dio o chi per lui non la mandava da un po’ e pure se c’hai quella ruota da gonfiare di nuovo al primo benzinaio aperto.
E allora ci puoi bruciare chilometri velocemente sull’asfalto drenante dell’autostrada del sole, e manco accorgertene che la bottiglia del bianchetto che il tuo passeggero sta beatamente consumando da solo è quasi finita.
Una volta che hai lasciato la città eterna ci attraversi la campagna romana con l’autostrada del sole. La A1, l’autostrada regina, quella grande opera pubblica capace di accorciare le distanze già prima di facebook; quella stessa autostrada su cui, se prosegui fino in Toscana, ci puoi trovare un esempio di come procurarsi “gloria eterna” nel proprio feudo elettorale in pieno stile scudocrociato. Quella “curva Fanfani” che, si narra, sia una deviazione rispetto all’originale progetto, disegnata sulla carta proprio da Amintore per far arrivare un casello ad Arezzo, la sua provincia d’origine.
E poco importa se Perugia non abbia avuto un suo rappresentante capace di simil prodezze all’epoca, fatto sta che ora per arrivare da quelle parti si deve percorrere un’imbarazzante E45, che l’asfalto drenante dell’autostrada del sole, diciamocelo, se lo sogna.
Perugia è la meta designata da raggiungere per ascoltare il Maestro, quel tic impazzito della canzone d’autore che risponde al nome di Giampaolo Bruno Piccinini. Cantautore atipico che è solito esibirsi in bettole e cantine di seconda categoria, il Piccinini questa volta è stato chiamato a intrattenere un pubblico nuovo e attento che riesce ben presto ad apprezzare le sue dita incrociate sul bianco e nero della tastiera e la sua voce amara.
Perugia diventa allora un ideale punto d’incontro nemmeno troppo difficile da raggiungere. C’è gente amica che si è mossa un po’ dappertutto e pare che il nostro, dopo la A1 e dopo facebook, sia stato capace di ridurre ancora di più le distanze.
A fare da collante alle diverse provenienze una collaudata aggregazione di orsi marsicani (una sorta di fan club ma più fun che fan) pronti a darsi battaglia sui banconi della città e all’interno della Grotta Paolina, dove è in scena la fiera, con annessa degustazione, delle migliori grappe italiane.
Per arrivare al locale, piccolo ma accogliente, c’è anche il tempo di assaporare il freddo pungente della città passeggiando tra vicoli stretti e sotto porte antiche che sembra di stare all’Aquila quando era ancora viva. Ricordi e nostalgia nella gioia scanzonata di una chitarra scordata.
Sul palco, solo come nelle rare esibizioni del Piccinini può succedere, in poco più di un’ora passa di tutto: favole e terremoti che si rincorrono insieme a una vela su cui soffiare, amanti e tanghi suonati dalla gelosia. E superciuk, e ministribrunetta a cui dedicare Lunghezza campo nomadi. E uomini in cenere e taverne di Zaccaria. Garcia Lorca e “rapsodie portegne”. Corpi di donne, salsedine e chimere. Verbali di pignoramento e bicchieri di whisky smezzati con sorsi d’acqua. “Turbini di rondini in cielo e in fuga dal gelo” e “Cera delle ali, precipizi di umori e addii”.
Dentro al locale non si fuma, e allora è gioco facile inventarsi una pausa sigaretta per camuffare un bis che arriverà solo mezz’ora dopo, quando tornano all’interno i fun e il gioco etilico prende il sopravvento su quello delle parole; degna conclusione di uno spettacolo che è insieme musica e amore, notti in bianco e vestiti buttati sulla poltrona, vino nel tetrapak e tasche bucate.
Per riprendere a bruciare chilometri sull’asfalto drenante dell’autostrada del sole, però, c’è ancora tempo. Una notte intera. Da riempirsi gli occhi e la memoria di facce che ridono, di accordi strappati, di bocche che sboccano e di intermezzi. Di gocce di neve che cadono da cieli neri, di bucce di mandarino nascoste sotto i sedili e di fazzoletti usati come block notes alla faccia dell’iPhone.
E c’è tempo anche per “maledire i ritmi della società moderna”, per scordarsi di aprire il sacco a pelo e per scovare una scogliera disegnata a matita dentro la grotta tra un po’ di filosofia e l’ultimo bicchiere di grappa… quella che rimane sulla bocca dello stomaco e che non ne vuol sapere di andare giù.

g79

L'elemento ostile

L’elemento ostile era annidato nelle viscere dell’ospite. La sua tecnica, spesso subdola, creava false illusioni nel portatore che più volte aveva tentato di debellarlo senza successo. Era una lotta impari, fatta di sacrificio, impegno e rinunce, una vera e propria guerra, le cui gesta sarebbero state narrate nei secoli a venire. Tutto cominciò nei periodi dell’adolescenza, quando ancora giovane e atletico l’ospite sgambettava con gli amici in montagna, tra casette sugli alberi e partite di calcio. Erano quelli tempi magici, fatti di sobrie sbronze colme d’ingenuità e divertimento, erano i tempi della spensieratezza, della leggerezza, i tempi dell’illusione di una vita sospesa, una vita che presto sarebbe cambiata.
L’elemento ostile nel frattempo viaggiava attraverso altri ospiti, fiero e tronfio della sua grandezza guardava con occhio “goloso” l’ingenuità della giovinezza, covando in seno una segreta gioia per quando trionfante avrebbe preso possesso di quei freschi e longilinei corpi spensierati.
Il primo incontro avvenne in un giorno di festa, quando i giovincelli erano pronti alla santificazione della Cresima. L’ospite era nascosto ma vigile e quando i genitori abbassarono la guardia, riuscì per la prima volta a insediarsi nelle viscere dei novizi ecumenizzati.
Fu da allora, da quell’incontro fortuito, che l’ospite iniziò a frequentare con sempre maggior frequenza i meandri elastici del ventre giovanile, se ne nutrì giorno dopo giorno, volta dopo volta, sbronza dopo sbronza e già a 18 anni era diventato un compagno di viaggio insostituibile, anche se ancora prontamente nascosto. L’età dell’adolescenza volgeva ormai al termine e il giovane uomo iniziava ad accorgersi dei sintomi portati dall’elemento ostile, sintomi che a vent’anni non destavano preoccupazioni; vent’anni erano un periodo della vita troppo bello e ingenuo per pensare che il percorso di ognuno di noi va tracciato attimo dopo attimo e che tutto quello che abbiamo nel presente è frutto del lavoro nel passato.
I giorni intanto si susseguivano, l’adolescente diventato uomo era incalzato dal ritmo del lavoro e dalle passatelle, l’elemento ostile cominciava ad avere un peso non indifferente, ma anche se l’ospite cercava di combattere quella scomoda presenza, la realtà quotidiana era troppo distante dalla salvezza e l’elemento ostile prosperava chiedendo quasi ad alta voce sempre nuovi spazi, sempre nuova vita.
La preoccupazione divenne palpabile una volta superati i cinque lustri… l’ospite ormai aveva preso piena coscienza dell’elemento ostile, sapeva che la battaglia si sarebbe protratta fino al resto dei suoi giorni, sarebbe stata una battaglia cruenta, fatta di piccole soddisfazioni e grandi delusioni, una battaglia epica tra bene e male dall’esito indeterminato.
Nell’attesa dell’Armageddon, l’elemento ostile sorride e cresce fiero, guarda al mondo con fiducia, con la certezza che presto nuovi giovani lo ospiteranno… l’ospite nel frattempo si rilassa per un po’, guarda l’elemento ostile con una smorfia forse simile a un sorriso e dice “panza mia, panza mia, prima dell’estate questa volta ti manderò via!”.
Fajoint

Kaput incontra Pirupa. Il 2010 è l'anno degli italiani?

Ho conosciuto Pirupa al surround festival di Teramo nel 2007: in quell’unica, sfortunata e male organizzata edizione di un festival dal respiro internazionale, con in cartellone gente come Trentemoller, Apparat e Lemon8.
Le premesse per due serate memorabili c’erano tutte, ma piccoli inconvenienti tecnici, l’ingenuità degli organizzatori e un affluenza di pubblico davvero esigua compromisero la buona riuscita dell’evento. E a dirla tutta la gente la seconda sera preferì il caro vecchio panzuto zio Ralf che suonava in una discoteca lì vicino al minuto Apparat e la sua elettronica minimale.

Chiaro che Teramo non è Berlino, ma non fu un flop fin troppo clamoroso?
Si non andò molto bene, causa l’ignoranza che c’è in questa città ma anche per colpa di un’organizzazione molto scarna e ingenua! Comunque a breve ci riproveremo con un nuovo festival, sempre a Teramo e siamo più fiduciosi perché questa volta è organizzato da un gruppo di gente valida del settore e che ha voglia di fare!

A proposito di Ralf in un recente video su youtube, probabilmente in una delle sue famose serate targate “bellaciao”, suona la tua “Get funky” e dice alla gente in pista “ragazzi, questo è l’anno degli italiani!”. Tu eri lì, cosa hai provato in quel momento? Credi che sia davvero così?
Ero lì… mi ha chiamato lui inaspettatamente prima di dire quelle parole che hanno fatto il giro d’Italia e che hanno consacrato “Get funky” come vera hit... è stata un’emozione fortissima, una delle più grandi della mia carriera e penso che sì, questo è proprio il nostro anno, perché lo dicono anche i numeri e siamo ricercati dalle migliori labels al mondo!
Era ora che l’Italia tornasse a dominare nel mondo delle produzioni, spero presto anche nel campo del djing!

Come ti sei avvicinato alla musica house?
Mi sono avvicinato giocando… poi pian piano da gioco è diventato lavoro!
Diciamo che mio fratello mi ha trasmesso la passione, poi qui in famiglia tutti amiamo la musica,
mio padre è un musicista! Ora per me l’house music è tutto! È la mia vita… senza non saprei cosa fare!

Come ti relazioni con le nuove tecnologie... credi che il vinile sia veramente morto?
Sto usando traktor scratch pro con vinili proprio perché sento la mancanza dell’uso del giradischi! Ho iniziato a suonare con i vinili per poi passare ai cd… ma sono stato sempre aperto alle nuove tecnologie!

Come è nata la collaborazione con Nick Curly e La cecille?
Per caso, un mio amico suonava “Get funky”, lui era lì, gli è piaciuta e l’ha voluta subito! Mi ha scritto dopo qualche giorno chiedendomi di stamparla per la sua etichetta! Una gioia immensa!

Suoni spesso all’estero, che differenze ci sono tra i club italiani e quelli esteri?
Dipende dalle città non dai paesi! Te lo dico perché ultimamente sto girando molto… In Italia siamo un po’ indietro, per non parlare degli USA che sono messi peggio di noi!

Be’ questa proprio non me l’aspettavo... Per finire (già so cosa risponderai)... ma a te non fa un po’ incazzare questa nuova ondata electro così osannata dalla stampa (Crookers, Bloody Beetroots etc)... in fondo non mi sembra sta gran cosa, e poi ste pose nichiliste non sono un po’ scontate?
A me fanno ridere… che musica è? Solo rumore!

Pirupa, c’è qui il tuo fan numero uno: Vituzzo il porno attore truzzo...
Ciao Vituzzo, sei un grande custodisco gelosamente tutti i tuoi film sotto il letto...
InTheNino