mercoledì, luglio 19, 2006

il caprone Zidane

Egregi Signori, vorrei esprimere il mio sdegno di italiana per come sta evolvendo la vergognosa vicenda della ormai strafamosa "incornata" del capitano della nazionale francese Zidane al nostro amato Marco Materazzi.
Prima di tutto non posso digerire il fatto che il "caprone" abbia anche avuto la sfrontatezza di dire che non si scusa per l'azione compiuta in quanto avrebbe ricevuto gravissimi insulti sulla mamma e sulla sorella, e per questo ha anche ricevuto i pubblici elogi del presidente algerino che lo definisce uomo d'onore.
Ma se tutti reagissimo agli insulti con le vie di fatto che succederebbe??? Inoltre, la Francia che si definisce la nazione più civile e progressista della Comunità Europea, invece di abbassare i toni della polemica li ha amplificati e pubblicizzati a tal punto che il "caprone" sta diventando l'agnello sacrificato. Di contro, come al solito, l'Italia non è capace di reagire in maniera secca e decisa, e se vogliamo anche di parte, difendendo il nostro connazionale.
D'altra parte ci siamo fatti dire e fare di tutto in questo campionato mondiale (vedi gli insulti rivoltici dalla nazione ospitante ed il trattamento di favore riservatoci alla premiazione). Continuerei paragonando la vicenda con quella occorsa a Totti ed al suo famosissimo sputo, per il quale egli fu crocifisso pubblicamente anche dai nostri sempre criticissimi giornalisti italiani; perchè nessuno andò a chiedere all'altro giocatore cosa avesse indotto Totti ad una reazione così forte??? Concluderei dicendo che nel nostro vocabolario dovrebbe essere rivista la spiegazione del termine "razzista", poichè oggigiorno il termine equivale a: persona che non si adopera abbastanza nella comprensione, nell'accoglienza, nella sopportazione, nell'accollamento economico del povero, vilipeso individuo extracomunitario.
Un messaggio per i nostri gladiatori azzurri: amiamo il vostro coraggio, la vostra forza, la perseveranza, la lealtà, la partecipazione, la compattezza del gruppo, la bellezza delle vostre azioni, dei vostri goal, del vostro modo di esultare, e...........della vostra meritatissima vittoria. Come Buffon FIERA DI ESSERE ITALIANA!!!!

Mariantonietta

editoriale

Capita a volte che in un libro, in un brano di musica, in una poesia, chi legge trovi delle masserizie che l’autore non ha nemmeno previsto, e così come spiega Umberto Eco i livelli di percezione sono tre: c’è chi quasi passivamente legge e/o ascolta e ciccia!!! Chi capisce i riferimenti e se li gode; chi, così come fa la critica, ne trova degli altri mai supposti dall’autore.
Si può sostenere altrettanto per Arzibanda?
Conoscendo un pò il vostro retroterra culturale, oggi anzidetto anche “background” (sic!!), la vostra “ X Edizione “ e la “ Stella Rossa” sul coupon di presentazione della festa di quest’anno mi fa pensare alle “ X “ delle ” Black Panters” degli anni sessanta e settanta negli U.S.A., quando nel movimento per il riconoscimento dei diritti civili e politici degli afro-americani vollero cambiare i cognomi con una “ X” da Mohamed Ali sino a Malcom X.
Come non ricordare i due velocisti afro-americani Tommie Smith e John Carlos che alle olimpiadi del Messico nel 1968 salirono sul podio delle premiazioni con il pugno chiuso e il basco nero e ancora (questo per Nello Nino) la musica folk americana di Arlo e Woody Guthrie, sino al film- cult (per Gianluca) “Fragole e Sangue”.
Non so se tutto ciò sia presente in “Arzibanda” ma mi piace pensare di si.
( alla Galliani e in milanese !!!!) buon lavoro.

Fulk

il mistico Babà Lottò

Ci son delle sere che tutto è lento e noioso, tutto è trito e ritrito e per ingannare il tempo puoi solo bere una bella “Peroni della buona notte” in compagnia degli amici.
Se però in mezzo a voi siede il mitico Babà Lottò la serata può improvvisamente prendere una piega diversa e trasformarsi in un’esperienza mistico-catartica.
Le sue massime sono illuminanti, riempiono il vuoto cosmico che ci affligge e aprono le porte della percezione…
L’ultima sua performance è esplosa improvvisa, nel bel mezzo di uno scambio di insulti tra interisti e juventini…i vari “Moggi è un mafioso” e “l’inter può vincere solo senza le grandi” son stati zittiti dal suo primo, maestoso pensiero: “Non mi nascondo mai dietro un fazzoletto sforrato”…
Babà Lottò alza gli occhi al cielo, dilata le pupille, poi ci guarda tutti e dice: “La matematica non è un opinione, ma però 2+2 fa 4.
C’è tutta l’assurdità dell’ovvio, il paradosso di una matematica che regge tutto, ma che non può impedire a nessuno di commettere il più elementare degli errori grammaticali, e continua dicendo “perché questo tavolino non posso chiamarlo sedia?!”.
Qualcuno casca a terra, accecato dalla luce immensa della verità assoluta, e così sotto mio consiglio Babà frena un attimo e porta i suoi discorsi verso cose più terrene come la Renga, e in tal proposito dice “La Renga mi piace. Si sta in pace. Tutti Amici”…
La folla esulta felice ed urla in coro: ”Babbalotto Sindaco, Babbalotto Sindaco”. Al che io gli domando “Signor Babà, cosa farà per il paese il giorno che diventerà sindaco?” e lui gonfiando il petto mi urla in faccia “Quando sarò sindaco spallerò Santa Maria per farci il mare”. “signor Babà per quando prevede che diventerà sindaco?” “Beh, penso per il duemila e….aspè che anno è quisto?!” “2006 signor Babà…” “ah allora ITALIA FOREVEN!!!”.

In_the_Nino

un paese

Girovagando per Capistrello ho incontrato Nello che con il suo bolide a due ruote sfrecciava da una parte all’altra della statale e per caso mi ha detto del “compleanno” di Kaput, così dopo 5 anni che gli dico di voler scrivere qualcosa mi sono detta che forse è l’ora di farlo. É facile dire “qualcosa” ma poi quando ti trovi davanti un foglio bianco ti fai mille paranoie e ti spremi il cervello cercando di cacciare idee interessanti che possano catturare l’attenzione… ma poi ti rendi conto che non serve a nulla perché il bello di questo giornalino è proprio il fatto che puoi scrivere quello che vuoi semplicemente per il gusto di farlo facendo gli altri partecipi del tuo pensiero, ed è quello che cercherò di fare.

Un giorno, una persona da me molto stimata, mi regalò un libro di Cesare Pavese e mi disse di leggere attentamente delle parole che a suo tempo l’avevano colpita:

Un paese ci vuole non fosse per il gusto di andarsene via.

Un paese vuol dire non essere soli,sapere che nella gente,

nella piante,nella terra

c’è qualcosa di tuo che anche quando non ci sei resta ad aspettarti

Sul momento non diedi molto peso a questo pensiero, nel tempo invece mi sono resa conto di averlo fatto mio.

Le lettere vengono messe insieme in una maniera non casuale a formare delle parole e queste delle frasi che ognuno poi personalizza a proprio piacere. Pavese, secondo me, vuol dire che ognuno per un motivo o per un altro, sia esso studio o lavoro, un giorno è inevitabile che si allontani da dove è cresciuto. All’inizio si è contenti perché si va incontro a qualcosa di nuovo,ci si mette in gioco e si diventa indipendenti ma poi piano piano ti vengono a mancare quelle piccole cose che prima ritenevi banali perché legate alla routine quotidiana, e delle quali invece ti rendi conto di non poter fare a meno.

Poi finalmente, dopo molti sacrifici, si torna a casa e si ricomincia con l’andare su e giù per la statale spendendo almeno 10 euro al giorno di benzina e dopo appena due giorni si perde l’entusiasmo iniziale e ci si rende conto che ora non ti basta più.

Il problema di fondo sapete qual è? Non siamo contenti di nulla, chiediamo sempre più,vogliamo sempre più e pretendiamo senza dare nulla in cambio. Vorrei che le cose cambiassero, vorrei che un semplice sorriso di un bambino possa ancora riempire una giornata, che si possano provare grandi emozioni solamente per il fatto di farsi compagnia. Vorrei tante cose ma a voi che ora state leggendo ne chiedo almeno una: amate questo paese perché fa parte di noi ed è la nostra storia, fatelo brillare di una luce che può essere solo sua poiché creata dal pensiero di tanti Capistrellani.

Un’amica