giovedì, dicembre 17, 2009

IL REGALO DI NATALE DELL'ARZIBANDA!!!

Il regalo di Natale dell’Arzibanda arriva cavalcando l’onda lunga dell’edizione di questa estate che più di ogni altra è stata carica di entusiasmo e partecipazione collettiva.
È un modo, anche, per festeggiare tutti insieme il riconoscimento che ci è stato attribuito durante il Mei di Faenza di fine Novembre; Arzibanda, dopo tredici anni di storia è stato riconosciuto come uno dei migliori festival del panorama indipendente italiano classificandosi al quarto posto in una “competizione” che vedeva iscritti più di 60 partecipanti.
Il premio era solo una targa ricordo, ma questo basta a renderci orgogliosi e soddisfatti di aver creato e portato avanti un evento unico nel suo genere che partendo da Capistrello è arrivato ad essere conosciuto in tutto il Paese e anche oltre lo stivale.
Per tutto questo e perché ci piace pensare che ci sia bisogno anche di un’alternativa alle solite serate natalizie fatte di cene e tombolate, eccoci allora a presentarvi la prima edizione di ArziWinter, con una logistica e una struttura diversa rispetto all’estate naturalmente, ma con la stessa voglia di stupirvi e di rendervi partecipi di un altro modo di intendere la cultura, lo spettacolo, l’aggregazione.
Con la voglia di divertirci e di divertirvi, di stringerci in un abbraccio collettivo in nome della letteratura, del teatro di strada e della buona musica. Continuando a sognare e a gioire anche a Natale nel nome dell’Arzibanda.

Il programma completo è scaricabile su www.arzibanda.it

domenica, novembre 01, 2009

L’Italia va a mignotte, poi ogni tanto anche a Trans. Noi poveracci intanto cerchiamo costantemente di inventarci qualcosa per non sopperire e allora a Natale troverete in distribuzione in tutte le peggiori bettole di Capistrello il primo dizionario Capistrellano/Italiano della storia. Un libro indispensabile per conoscere una innumerevole serie di termini e proverbi mai ascoltati prima! Da “Abballo” a “Zuzzo” centinaia di parole “riscoperte” per chi non vuole buttare nel dimenticatoio il nostro dialetto. Un libro utile alle nuove generazioni per capire finalmente che “Ombrello” in capistrellano si dice “Ombrella” e non “Ombreglio”. Da non perdere per chi non ha mai giocato a “Naso” e per chi non sa di aver mai mangiato i “Sasaregli” e i “Rattacujo”. Se anche tu vuoi darci una mano scrivici ai nostri indirizzi e stai sicuro, le tue mail non saranno riposte dentro “ajo Tiraturo”.

Eolico. Utopia o vera opportunità?

Capistrello, Anno Domini 2009. Un paese allo sbando, senza acqua, senza soldi, senza guida, senza risorse e che apparentemente non riesce ad uscire da una crisi di gestione, economica e finanziaria che ormai perdura da anni. In queste condizioni “apocalittiche” però, c’è chi in questi anni ha continuato comunque a pensare ad un’alternativa, ad un nuovo modo di intendere la gestione del territorio cercando di sfruttare le risorse che lo stesso territorio ci offre per consentirne il rilancio. Parliamo più precisamente dello sfruttamento delle energie rinnovabili, strada virtuosa intrapresa già da molti altri piccoli comuni in tutta Italia e che hanno contribuito alla riduzione delle emissioni di CO2 e nel contempo hanno aiutato le esigue casse comunali e i cittadini tutti. A Capistrello c’è chi propone di percorrere questa strada già da diversi anni; un movimento nato all’interno dell’allora circolo E. Berlinguer di Rifondazione Comunista e proseguito poi autonomamente, coinvolgendo al suo interno diverse persone sensibili al tema che continuano a lavorare al progetto. Partendo dal presupposto che il nostro territorio sia agevolato dalla presenza di forti correnti ventose, questo movimento si è mosso principalmente in direzione della promozione dell’energia eolica proponendo già nel 2006 una manifestazione in cui vennero invitati rappresentanti di strutture e comuni già coinvolti nel settore.
Nella convinzione di poter dare una svolta per la comunità cominciarono da allora a cercare di coinvolgere l’amministrazione dell’epoca, chiamata in causa, insieme al comune di Luco dei Marsi e a società attive nel settore del rinnovabile, per studiare la fattibilità di un progetto di installazione di pale eoliche al confine tra i due comuni, nella zona che tutti conosciamo come la “Trenità di Luco”. La storia recente del comune di Capistrello è nota a tutti, con un’amministrazione ormai allo sbando che fu capace di siglare accordi per studi di fattibilità solo due anni dopo, ma non riuscendo mai ad arrivare a risvolti concreti. Ad oggi dunque la storia ci racconta di anemometri installati al confine da una società incaricata dal comune di Luco dei Marsi e di un altro installato nei piani palentini grazie all’iniziativa spontanea di una società privata, con evidenti differenze nella possibilità dei rispettivi comuni di avere benefici dalle eventuali installazioni. È proprio qui che si arriva al punto focale del tema: Cosa e come le rinnovabili possono aiutare un piccolo comune come il nostro? “Al di là dell’aspetto ambientale, del quale bisogna comunque tener conto, iniziative del genere non sarebbero prese in considerazione se non garantissero anche benefici economici per tutta la popolazione” ci dicono dal movimento. “Verificata la presenza di almeno duemila ore annue di vento un impianto eolico può garantire entrate che garantiscono il rientro dell’investimento entro sei/sette anni avendo comunque una durata di 20 anni, con evidenti possibilità di profitto”. A questo punto rimangono forse alcune domande irrisolte legate al rapporto che il comune instaurerebbe con le società private, spesso orientate a collettivizzare le perdite (estetico-ambientali) e a privatizzare gli utili ma secondo i promotori dell’iniziativa “l’obiettivo, al contrario, dovrebbe essere quello di rendere il più possibile pubblici i benefici battendosi per trovare accordi vantaggiosi o soluzioni alternative”.
Nell’attuale condizione in cui si trova il nostro comune sarebbe un delitto non provarci o quantomeno cercare di sollevare la discussione. Noi lo facciamo sulle nostre pagine, auspicandoci un interessamento della comunità intera e una discussione che vada al di là delle solite e sterili polemiche (e politiche) da bar in cui siamo tutti un po’ esperti...
Invitiamo quindi chiunque sia interessato ad approfondire l’argomento visitando il blog fuoricontesto.blogspot.com (nella sezione “Il paese del vento”) dove è possibile trovare tutte le informazioni a riguardo e richiedere tutte le documentazioni “del caso Capistrello”.

IL SUO ULTIMO GEMITO (PARAnOIE Di UN ASSASSINO)

Eccola, la vedo. Com’è bella, sembra dipinta, irreale.
I suoi occhi chiusi, le sue labbra socchiuse, il suo dolce respiro.
E guarda i suoi capelli, i suoi dorati capelli, le scendono sul viso a nascondere le labbra, la sua bellezza.
Com’è piacevole accarezzarla con la gelida lama, con la mano rovinerei tutta la delicatezza del tatto. Oh sì,come mi piace!
Mi piace ridisegnare il suo profilo col metallo, ormai riscaldato dal calore della sua pelle.
ORA! ORA! Colpiscila ora, ora che aperto quelle labbra così succose, ora che il suo respiro è più profondo… ORA!
No, non posso ora.
Ho ancora una voglia trepidante di sentirla calda, morbida, VIVA.
La sua carne è così tenera, talmente tenera da chiederlo essa stessa di essere assaporata, penetrata.
Dio come ti tenta! È lei che vuole che tu la colpisca, ma non violentemente come un volgarissimo assassino qualunque, no, non le renderebbe tutta la sua tenerezza, e non ti darebbe nessun piacere.
No, lei vuole essere affondata lentamente, con delicatezza e con la stessa delicatezza vuole che la lama penetri a fondo, lacerando i tessuti pian piano e arrivando fino in fondo al cuore… Oh sì,come lo vuole, lo sento, freme per la mia lama.
ORA! ORA!
Ora prima che i suoi occhi si aprano, prima che il suo respiro diventi più affannoso. A quel punto la sua pelle non potrebbe assaporare la lama che tanto brama, fino in fondo. No, a quel punto dovrebbe accontentarsi di una banalissima pugnalata.
Ed io non voglio. Non voglio che la sua seta venga sminuita in un modo così barbaro. Non voglio che i suoi occhi mi vedano.
E allora COLPISCI! COLPISCI, PER DIO! Che diavolo aspetti!
MALEDIZIONE, è così dannatamente indifesa!
Eppure è questo piccolo dettaglio che ti fa venir voglia di colpirla, no?
Non è forse questa sua immagine immacolata?
O forse è il suo saper essere immacolata anche con un coltello piantato, o meglio, affondato nel cuore?
Ma come posso rubarle la vita? COME?!
Eppure voglio, dannazione, VOGLIO! La sua purezza si conserverebbe anche con questa lama nel petto. E io riuscirei a cogliere dal suo ultimo gemito la vita!
…Ma che diavolo dico? Sono un assassino e la considerazione che ho verso questa creatura non alleggerirà di certo la mia coscienza. No, la renderà ancora più turpe e contorta
Ma ne sei davvero sicuro? Riuscirai a sopportare un’altra vita troncata?
E che sarà mai, una in più, una in meno!
Riuscirai a sopportare un’altra macchia sulla tua,f in troppo infangata, anima?
Uhm… mi sembra di aver visto la pubblicità di uno smacchiatore potentissimo, funzionerà!
Ma soprattutto, riuscirai a sopportare l’ennesima gettata di terra in quel fosso che è il tuo cuore?
Ma perché, quello è il cuore? Ma dai! Sentivo un fastidioso “tum-tum”in profondità, molto in profondità, ma non pensavo fosse il cuore, che storia! Ma sì sono consapevolissimo di ciò che faccio, ed è proprio questa consapevolezza che mi fa agire, le conseguenze non esistono: ogni atto è fine a se stesso, si esaurisce nell’atto stesso, è causa ed effetto, è…
Ma sentiti! Ora cerchi anche di giustificarti “filosoficamente”, e tutto per alleggerire quel pezzo di carne che ti ritrovi dietro le costole! Sei patetico. Penosamente patetico.
…ma guardala, è così bella! Da mozzarle il fiato! Da PRENDERNE l’ultimo fiato!

…Avvicinai le mie labbra alle sue, così da sentirne quell’ultimo fiato di vita e strappargielo.
Le fissai gli occhi semicoperti dai capelli, si aprirono al sentire la lama affondare nel suo petto. Le pupille si dilatarono, si restrinsero in un attimo. Fu proprio in quel momento che il suo ultimo gemito mi pervase, mi entrò dentro.
Pensai che ebbe fatto molto più male del coltello che lentamente affondavo nel suo cuore ancora pulsante.

Ora ti senti meglio,vero? Si vede dal tuo volto soddisfatto.
Sì, devo dire che ne è valsa la pena ucciderla per trovarsi in questo stato di estasi totale, il mio cervello si è spento per un attimo, come in un fantastico orgasmo… possiamo andare, le voglio solo baciare la fronte come si è soliti fare con i morti.
Maggy

ME LLAMAN DESAPARECIDO

Io non avevo fatto niente di male, lo giuro. Ero lì, un po’ ansioso sì, ma in fondo mi stavo solo preoccupando di trovare una nuova macchina per il caffè, di quelle che ne esce fuori solo una tazzina. Poi sono arrivati loro. E sì che forse c’ho messo un po’ a decidermi, ma non mi sarei mai aspettato di ricevere un trattamento così meschino, doloroso, terrificante. Erano in quattro, sono arrivati fuori casa e hanno parcheggiato la loro Ford Falcon, di quelle in dotazione all’esercito, con calma, senza preoccuparsi né dei passanti che li avrebbero potuti riconoscere, né dei miei genitori che stavano appena uscendo di casa. Alla porta non hanno bussato nemmeno, io ho sentito solo lo scricchiolare debole delle assi che si rompevano. Poi, dal momento in cui gli ho confermato il mio nome, ricordo solo il cappuccio in testa e quel colpo secco dietro alla nuca, forse col calcio della pistola, forse con il retro del manganello. Di certo c’è solo che da quel momento è cominciato l’inferno…
Potrebbe essere questo l’inizio di un racconto comune a uno qualunque dei trentamila desaparecidos argentini, uomini e donne vittime del sistema di repressione attuato dalla dittatura dal 1976 al 1983. Un sistema brutale, indegno e terrificante pronto a reprimere nel terrore qualsiasi segno di appartenenza a gruppi o movimenti contrari al colpo si stato dei generali. Di più, un sistema studiato a tavolino per eliminare le tracce e le prove degli ostaggi sia sulle carte della polizia legale sia materialmente, arrivando a far scomparire i corpi attraverso i tristemente noti “voli della morte”, con cui i militari si sbarazzavano delle prove buttando i corpi dei sopravvissuti alle vessazioni e alle torture direttamente nell’oceano.
Per arrivare alla verità sulla tragedia dei desaparecidos molto è stato fatto da parte delle associazioni che riunivano i figli, le madri e le nonne degli “N.N.”, come venivano classificati una volta uccisi gli “scomparsi”, ma le varie amnistie concesse dai governi “democratici” arrivati dopo la dittatura hanno contribuito a rendere impunibili diversi personaggi colpevoli della strage mentre ancora oggi, i figli, le madri e le nonne di Plaza de Mayo continuano imperterriti la loro battaglia per rintracciare corpi e storie di persone scomparse nel nulla.
A far rivivere le storie e le vite dei desaparecidos contribuisce in qualche modo anche una vasta produzione artistica sull’argomento. Io mi ci sono imbattuto quasi per caso e, vuoi per le coincidenze di trovare, nello stesso periodo, libri usati a ottimo prezzo, fumetti appena usciti per la tua casa editrice, vuoi per una connessione a internet che ti consente di scaricare quel film che volevi vedere da un po’ o per un altro film che avevo visto tempo fa, le ultime settimane me le sono passate in una completa immersione nell’Argentina di quegli anni.
Grazie a due film del regista Marco Bechis innanzitutto: Hijos (2001) e Garage Olimpo (1999), in cui il regista italo-cileno, che ha vissuto sulla propria pelle la ritorsione della dittatura con l’espulsione dall’Argentina nel 1977, racconta il dramma da due diverse ottiche; in Hijos è quella di una ragazza che arriva in Italia da Buenos Aires per ricongiungersi al fratello sottratto alla famiglia in uno dei campi di concentramento del regime e venduto a una coppia “per bene” e in Garage Olimpo, per certi versi più drammatico e sconvolgente, quella dell’interno di una delle basi dell’esercito, il garage Olimpo per l’appunto, in cui i desaparecidos venivano portati per essere torturati in maniera atroce prima di essere “trasferiti” sugli aerei della morte. Storie che grazie al video rendono bene l’idea dell’angoscia e della disperazione di quegli anni; un’angoscia e una disperazione che Massimo Carlotto invece, è stato in grado di trasmettere anche sulle pagine stampate del suo libro Le irregolari. Buenos Aires Horror Tour, edito dalla E/o. Un viaggio tra i racconti delle vite e dei sequestri di decine di desaparecidos elencate all’autore dall’autista di un bus che lo accompagna di notte tra le strade e i luoghi di una Buenos Aires “infinita”. Carlotto ascolta, sente sulla propria pelle il dolore delle vittime e lo racconta in maniera esemplare, rimanendo poi così coinvolto da impegnarsi al fianco delle “Abuelas de Plaza de Mayo”, le nonne battagliere decise a far conoscere la verità sugli scomparsi guidate da un’altra Carlotto; quella Estella che da anni gira il mondo incontrando le personalità e i capi di governo più rappresentativi al fine di raggiungere equi processi in tutti i Paesi, che siano stati essi vittime o complici del sistema argentino. Ultima arte ad avvicinarsi al tema in questo periodo il fumetto, con L’eredità del colonnello di Carlos Trillo e Lucas Varela, appena tradotto e uscito in Italia per Coniglio Editore. Storia per forza di cose scura anche questa, con personaggi “sporchi” e figure tetre che si rincorrono nei ricordi del figlio di un colonnello torturatore del regime scritta da uno dei personaggi che hanno fatto la storia del fumetto sudamericano. Suoni e visioni da un mondo orribile che nelle pagine disegnate trovano una strada nuova per raccontare l’orrore.
Tanta carne sul fuoco dunque, da studiare e da approfondire, ma che forse non sarai mai abbastanza per descrivere una pagina così scura del ventesimo secolo, una pagina che a inventarla per un film, un libro o un fumetto avrebbero probabilmente fatto meno fatica…
g79@email.it

Everybody be somebody (Ti ricordi le feste di 18 anni?)

Ci voleva sempre un po’ prima che arrivassero tutti, così io nel frattempo mangiucchiavo le pizzette e selezionavo i dischi in valigia. I riempipista li piazzavo tutti in fondo perché era bello a un certo punto della serata spingere tutto il blocco di dischi in avanti e mostrare a quelli che mi stavano vicino le copertine di Short dick man, di Space cowboy o di Plastic dreams, cosi che loro immancabilmente sarebbero corsi in pista a dire agli altri che stavano per arrivare i pezzi forti, che non era il momento di fare a cazzotti o di collassare perché ora si sarebbe ballato roba seria...
A quei tempi portavamo chi più chi meno tutti i capelli lunghi, e quasi tutti si ficcavano i 501 tra le chiappe. Tranne io, che non è che avessi chissà quali chiappe e così preferivo mettermeli un pochino più larghi e strappati. Li riciclavo dal guardaroba di mio fratello più grande o andavo a prendermeli a 10 mile lire a via Sannio.
Era proprio bello quando ce ne andavamo tutti con il treno a Roma, ci sentivamo liberi e facevamo gli stupidi, fumacchiando le sigarette e fischiettando dietro le signorine. Per i tipi delle bancarelle di via Sannio eravamo tutti biondi, ci bloccavano e ci ficcavano a forza le felpe dicendoci “Ah Biondo ti sta proprio bene sta felpa”.
Non facevano troppa fatica a venderci la loro roba contraffatta e neanche il signore delle tre carte faceva troppa fatica a fregarci le 50 mila lire. Dei perfetti paesanotti insomma.
Riempivamo le buste di straccetti e poi ce ne andavamo in centro e lì mi staccavo dagli altri e mi ficcavo tre ore da Remix a sentire dischi e a guardare attrezzature costose e spendevo tutto quello che guadagnavo con le feste.
Poi in treno veniva fuori che mentre io stavo ficcato in negozio tutti gli altri avevano avuto da fare con un gruppetto di studentesse in gita scolastica o una roba simile...
Ma non me ne fregava granché, in realtà io stavo già pensando a come avrei piazzato i dischi nuovi.
A quei tempi tutto scorreva lento e gli ormoni mi aggredivano la faccia. Avevo l’aspetto del brutto ceffo: brufoloso e coi capelli lunghi con le doppie punte.
Il mio aspetto doveva essere così poco rassicurante che il maresciallo Nacca mi fermava per strada chiedendomi i documenti. Mi guardava brutto e mi diceva “Ma perché non ti tagli i capelli?”. Io gli rispondevo che erano di moda e proseguivo per la mia strada.
Ma Vaffanculo.
I pomeriggi li passavamo da Piero a giocare a Tetris e a bere cioccolata calda, che Piero era severo e non ci dava alcoolici. Nemmeno voleva che si pomiciasse dentro il suo locale e se te ne uscivi con una bestemmia ti prendevi pure un calcio in culo.
Bevevamo la cioccolata calda e progettavamo di fare sega a scuola.
C’era l’interrogazione d’italiano e io non avevo studiato e dovevo portare una cassetta mixata al tipo che forse mi avrebbe chiamato alla sua festa di 18 anni.
Non ero mai andato fuori a fare le feste e la cosa mi faceva un po’ paura, così dissi agli altri “Se mi chiama venite pure voi, così gli facciamo vedere che gente siamo...”.
Al tipo piacque la cassetta e suonai alla sua festa.
I miei amici erano lì con me a ubriacarsi gratis e a darmi forza.
Tremavo tutto, ma la pista rispondeva bene.
Ad un certo punto spinsi il blocco di dischi in avanti e tra i riempipista pescai a caso: Hideway di Delacy.
Lo misi sul piatto e una lunga pausa solo organo e voce ci aggredì tutti. Ce ne stemmo lì, come sospesi a mezz’aria ad aspettare che ritornasse il beat.

giovedì, agosto 20, 2009

domenica, agosto 16, 2009

PAESE CHE VAI, APERITIVO CHE TROVI

(Copertina di ALLEG)

Torna Kaput, dopo mesi di assoluto riposo dei redattori e dopo mesi in cui a Capistrello se ne sono viste di tutti i colori… In sintesi, da qualche settimana, abbiamo finalmente scoperto che il “tesoretto” di cui tanto si parlava in questi mesi esiste davvero e ora ogni cittadino, dai 0 ai 99 anni, sa di avere sulle proprie spalle un debito di circa 372 euro. Niente da eccepire, Capistrello finalmente ha quello che si merita per 30 anni di mala gestione della cosa pubblica, anni in cui di soldi ne sono passati e a palate, come quelle che sono servite per riempire di cemento scheletri di opere incompiute che in calcestruzzo valgono molto di più dell’attuale debito; Capistrello ha quello che si merita grazie a uffici disastrati e incompetenti che hanno contribuito di molto allo scempio attuale, ma Capistrello ha quello che si merita anche per colpa di noi cittadini, troppo spesso permissivi e sempre poco attenti a quello che succedeva alle nostre spalle. Noi ringraziamo comunque tutti per aver reso il nostro bel paese un “modello” per tutto il circondario e un vanto per generazioni di speculatori e cialtroni vari. Per dimostrare di quanto siamo fedeli alla causa e per inchinarci a tanta intelligenza burocratese Kaput oggi offrirà a tutti un aperitivo durante la distribuzione della fanzine… e scusate se non abbiamo potuto regalarvi di più di sedano e carote... ma noi siamo abituati a spendere solo quello che abbiamo in tasca e i debiti fuori bilancio ci sembrano solo una grossa fregatura!

ESTRATTI...

Pubblichiamo qui di seguito alcuni estratti estrapolati dalla documentazione relativa alla dichiarazione di Dissesto Finanziario firmata dal commissario prefettizio. Va da sè che questa documentazione è inserita in un contesto molto più ampio, quindi per un’informazione migliore consigliamo a chi interessato di procurarsi copia del documento disponibile in Comune.

Dalla relazione del Revisore Unico, Dott Abramo Bonaldi:

“In merito ai debiti del Comune nei confronti del CAM, il sottoscritto sulla base della documentazione acquisita e della non chiara ricostruzione dei conti avanzata dai responsabili di servizio direttamente interessati, non è riuscito a quantificare l’importo da considerare come debito fuori bilancio”
“Nel corso dell’anno 2009 a seguito di reiterate richieste del Commissario Straordinario di quantificare l’esatto ammontare dei debiti fuori bilancio da riconoscere, i vari rsponsabili di servizio in tempi e con modalita diverse provvedevano a determinarli come di seguito specificatio:
servizio finanziario: 76.196,74
area amministrativa: 66.417,37
area servizi demografici: 790.495,02
area tecnica: 251.673,04
totale: 1.184.782,17
Si evidenzia che a differenza di quanto comunicato al Commisario ad Acta nel dicembre 2008 l’area manutenzione non ha comunicato alcun importo (precedentemente 50.364,17) e l’area tecnica ha comunicato un importo di gran lunga inferiore (precedentemente 1.113.919,35)

Dalla relazione al Commissario Straordinario del segretario comunale, dott. Cuzzucoli Crucitti Rocco:

“Lo scrivente tiene a precisare come abbia incontrato notevoli difficolta a livello ambientale nel reperire gli atti, intanto per non aver rinvenuto alcuna relazione al riguardo da parte del Segretario Comunale uscente, e in secondo luogo per aver ricevuto una scarsa collaborazione da parte di taluni Responsabili degli Uffici”
“Tra gli atti di gestione contabile del Comune esaminati, spiccano quelli concernenti il riconoscimento dei debiti fuori bilancio. Dal loro numero e dalla frequenza con cui essi sono stati adottati è evidente che al di la dal rappresentare l’adempimento ex art.194 T.U.E.L. l’extrema ratio nel corso di un esercizio finanziario, esso risulta viceversa una prassi molto consolidata presso gli uffici del comune di Capistrello, i quali periodicamente hanno interessato dell’incombenza il Consiglio Comunale”
“Nel 2005 è lo stesso Organo di revisione nella relazione al conto consuntivo per l’esercizio 2004 ad invitare l’Amministrazione Comunale a valutare la necessita di determinare e regolarizzare gli oneri straordinari della gestione corrente soprattutto quelli derivanti dal contenzioso (delibera consiglio comunale n 40 del 17\9\2005). Ma nello stesso consiglio comunale l’assessore al bilancio, contrariamente a quanto raccomandato dall Organo di revisione, affermava che non esistevano debiti fuori bilancio”
“Tali sono gli atti e le vicende piu rilevanti che connotano una certa sofferenza economico finanziaria e gestionale in cui si trova ad operare attualmente il comune e di cui gli organi istituzionali in questi anni, pur avendone avvertiti gli aspetti sintomatici, non ne hanno tenuto conto o per puro calcolo, ovvero, come è dato di intuire, nel timore erroneo di portare l’Ente in una sorta di spirale fortemente penalizzante e limitativa delle possibilità di attuare una valida programmazione politica istituzionale nei confronti dei cittadini, mantenendo la situazione debitoria sommersa e rinunciando di portare la gestione dell’ente nei canoni di chiarezza e di trasparenza prescritti dalla legge.”
“Ma evidentemente i problemi che affliggono questo comune sono tanti e non tutti derivano esclusivamente dal precario assetto economico finanziario. Anche l’estrema burocratizzazione degli Uffici, le notevoli sacche di inefficenza che essa comporta, sono aspetti sintomatici non disgiunti che completano uno stato generale di malessere e di degrado la cui precipua conseguenza è la pessima qualita dei servizi erogati ai cittadini. Al riguardo non si puo non rilevare come esista una profonda conflittualità e incomunicabilità tra dipendenti e in particolare tra responsabili di servizi strategici nell’economia delle funzioni assegnate al comune, dovuta anche all’adozione di atti di organizzazione degli uffici e di impiego delle risorse molto discutibili da parte delle amministrazioni comunali che si sono succedute, dal punto di vista della coerenza dell’opportunità e dell’economicità ecc. Ne è un esempio significativo la scissione in due settori dell Ufficio Tecnico Comunale: Urbanistica e Patrimonio da un lato e Lavori Pubblici e Manutenzione dall’altro. Divisione che è la causa oltre della completa paralisi del settore, anche di una deleteria e annosa confittualita tra i responsabili individuati, con demansionamento dell’uno a vantaggio dell’altro e viceversa, a danno dell’immagine dell’istituzione e soprattutto dell’efficenza ed economicità dei servizi. Di conseguenza anche il Servizio manutenzione, pur contando sulla ragguardevole dotazione organica di quattro unità operative, non riesce tuttavia ad esprimere in termini di efficenza, efficacia ed economicità quanto è nelle sue potenzialità. Anche qui, l’impiego del personale addetto, nel pieno vigore della sua età lavorativa, per altro demotivato, riottoso e indisciplinato, sfugge ad ogni logica che presiede l’ottimale impiego delle risorse umane.”
“In particolare anche la tenuta delle carte e dei documenti contabili, quanto mai inappropriata, confusa e frammentaria salvo qualche esempio, ha richiesto un attività snervante sul piano psicologico, soprattutto in ordine alla importante verifica dell’ammontare e dell’attualità dei debiti e della responsabilità delle decisioni da prendere”

“Al 31\12\2008 pertanto la massa debitoria ammonta:
1. debiti di cui al punto A (situazioni debitorie ex art.194 T.U.E.L.,regolarmente documentate dai resp.dei servizi o da precedenti atti deliberativi consiliari)
1.739.331,00 Euro

2. debiti di cui al punto B ( situazioni debitorie risultanti da richieste da parte dei creditori per forniture di beni e servizi non certificate dai resp di area)
729.569,30 Euro

3. debiti di cui al punto C (debiti potenziali allo stato non quantificabili nel loro ammontare)
270.065,25 Euro”

“Agli atti della deliberazione del consiglio comunale n46 del 23\10\2008 è stata rinvenuta una relazione informale senza firma in cui viene segnalata una situazione finanziaria e contabie in relazione ad alcune spese di investimento e in particolare ai lavori:
1. di dissesto idrogeologico;
2. alla rete idrica e fognante in via Dei Martiri;
3. della metanizzazione;
1. Non risulta disponibile un contributo erogato dalla regione abruzzo per 124.000,00 Euro
2. Sono stati riscontrati pagamenti senza copertura di spesa per 310.000,00 Euro
3. Risultano richieste di accreditamento alla cassa DD.PP. da parte del Rup in misura superiore di quanto disposto dal direttore dei lavori, non si conoscono ad oggi specifiche utilizzazioni per 284.000,00 Euro; inoltre, la somma indicata nei residui passivi al cap. 800\0 non viene rinvenuta in apposito conto vincolo e quindi non disponibile per le specifiche destinazioni in corso di contabilizazzione finale per 486.061,84 Euro; il contributo chiesto ai cittadini che hanno aderito alla campagna promozionale per essere allacciati alla rete del gas non trova riscontro di utilizzazione nello specifico settore o in altri per 294.380,43”
Nella relazione si legge che i dati rilevati sono stati riscontrati nel periodo da Giugno 2006 al Novembre 2008.

CAMMERATA STORIES (4° parte)

Ci rimasi un po’ a pensare alla storia del caschetto; forse aveva ragione Cristian, era ora di cambiare un poco, e di farmi un taglio sparato in aria mi sembrava proprio una bella idea. Come Jovanotti e Vanilla Ice e tutti quei tipi americani che vedevo fare le corna sulle riviste di mia sorella. Avrei assunto anche io un’aria da duro dei ghetti americani e magari con Cristian e Baruffa avremmo messo su una gang di graffitari o breaker.
Il giorno dopo decisi che sarei passato dal barbiere...
...intanto però dovevo evitare che la mia reputazione da bravo ragazzo venisse infangata da quella lingua lunga di Tony. Così affrettai il passo e non senza dispiacermene dovetti dire di no ad Edwige che mi invitava a salire su a prendere una coca cola o un succo di frutta... Gli dissi «non posso Edevì, vado di corsa».
Passai sotto il ponte e Giuseppe che era tutto intento a fare una nuova scritta azzurra che inneggiava al genio calcistico di Maradona, nemmeno si accorse di me. Svoltai l’angolo e dentro la bottega di Carminuccia vidi che c’era mia madre che faceva la spesa, diceva a Sergio «due etti di mortadella, due di salame, due mozzarelline...» e non mi sembrava scossa o turbata, quindi Tony ancora non aveva parlato... almeno non con lei.
Entrai e gli dissi «mà, comprami un ghiacciolo và». Lei notò al volo lo strappo alla maglia e fece per darmi un ceffone, ma si fermò alla fine... non gli riusciva proprio di darmi i ceffoni e io ne approfittavo. Gli dissi con aria paracula «e che mica è colpa mia?!... e daaai comprami un ghiacciolo!», Mamma sbuffò e rassegnata disse a Sergio «daglielo sto ghiacciolo và» e rivolta a me «e stai più attento la prossima volta».
Mangiai il ghiacciolo e mi venne la pisciarella, così mi feci dare le chiavi da mamma e andai a casa. Feci il giochetto che facevo sempre: presi un pezzo di carta igienica e lo buttai dentro il water facendo in modo che si attaccasse ben bene alla parete, poi iniziai a colpire il pezzo di carta con la pipì fendendo duri colpi a destra fiaccandolo su un lato, poi passai all’altra parte e mentre colpivo ripensai al culone sudato che aveva la signora della rivista porno e come supermario quando mangia il funghetto il pistone mi si ingigantì, la potenza di fuoco aumentò e il pezzo di carta igienica cadde inerme in una pozza di piscio... (contiua)


terza parte


seconda parte


prima parte

UN PALO A 33 GIRI

C’è un tizio ubriachissimo che gira intorno a un palo facendosi perno col braccio. Il suo andamento non è poi così preciso per una persona seria, ma è perfetto per una che ha in testa la stessa canzone sulla quale il tizio gira… “È proprio perfetto, sembra quasi la puntina del giradischi, e il suo disco è il palo”. È raro, molto raro, trovare oggigiorno un ubriacone che gira intorno a un palo e che, per di più, canta la tua canzone. Già, raro. Ma che dico, assurdo! Tornando al tizio, è lì, tutto preso dal suo disco. Mi guarda. Lo guardo. Canta. Penso: “Que sera, sera…”. Lui continua la sua circonferenza, io la mia retta…
Forse anche quel tizio, in preda a una sbronza, pensava al suo futuro incerto, ma a differenza mia, che penso a un futuro “futurissimo”, forse il tizio pensava a un futuro più prossimo, magari a cosa sarebbe successo al prossimo giro di disco (o di palo)… Ma forse anche lui stava pensando al futuro “futurissimo”, forse era stato licenziato e i giri di palo lo aiutavano a sentirsi meglio. Ma anche no. Quando uno viene licenziato non pensa a un futuro “futurissimo” né a uno prossimo, semplicemente non pensa; o perché è troppo incazzato o perché è troppo contento. Io sarei stata contenta. E forse anche lui lo era. Sì, era contento. L’ho visto nei suoi occhi tritati da vene rossastre, l’ho visto. Aveva lo sguardo di chi si è ritrovato libero, quello sguardo misto tra smarrimento per aver perso qualcosa che, bene o male, gli impostava la vita; paura per aver ottenuto parte di qualcosa che non aveva mai neanche conosciuto e non sapeva se ora era in grado di gestirlo e felicità... ma perché? Cazzo, siamo esseri pensanti e abbiamo consapevolezza di quello che ci succede, almeno un po’!
Fatto sta che almeno il tizio aveva avuto qualcosa da perdere, io no!
Quella era la quinta sera che mi sentivo dire: «La ringraziamo per il suo materiale, le faremo sapere». Quando? Mai, ovvio. Quando una ditta di grafica pubblicitaria ti dice così è sempre MAI. In realtà hanno dei messaggi subliminali in quella frase predefinita: “la ringraziamo per il suo materiale” (che intanto abbiamo copiato), “le faremo sapere” (contaci, idiota!)…
Già, “Que sera, sera”…
Sera seguente. Stessa strada, stesso tizio, stesso palo, disco diverso. Lo noto per caso, sono troppo incazzata e mi accorgo di lui solo grazie alla canzone che canta: Black Night dei Deep Purple. È la stessa che mi gira in testa in quel momento. “Allucinante!” penso, “ma cosa bave il tizio per poter leggere la mente?!”. Questa volta però non compie una circonferenza precisa, piuttosto si dondola freneticamente in modo spigoloso. “Forse è incazzato” penso, “io lo sono, per un motivo più che valido: per l’ennesima volta, mi sono ritrovata tra le mani una cartolina con sopra stampato il mio lavoro. Forse dovrei imparare a firmare qualche scartoffia che in qualche modo proibisca di fare queste cose, se esistono scartoffie di questo genere. E il tizio? Chissà perché è incazzato, se è incazzato, si sarà reso conto che non riesce a fare una circonferenza perfetta come quella dell’altra volta. O forse è incazzato perché non sa cosa fare della libertà appena ottenuta dal licenziamento. In effetti aveva lo sguardo di chi si ritrova in possesso di qualcosa di prezioso ma si rende conto di non sapere cosa farsene. Fa rabbia. Fa rabbia perché a quel punto non sai neanche se hai VERAMENTE QUALCOSA di prezioso.” Io avevo tra le mani il segno che, per l’ennesima volta, ero stata fregata, che cosa potevo fare? Niente. Non avevo una prova concreta per riscattarmi.
E il tizio? Lui aveva la sua libertà, ma non sufficientemente “libera” per poter essere vissuta. Già, se era libero e continuava a fare sagome intorno a un palo, non era stato poi così libero, o capace, di sfruttare la sua libertà.
Non passo per quella strada più o meno da un mese, ma stasera sì. Non so se sono curiosa di vedere il tizio- puntina di giradischi-ubriacone, oppure se mi rendo conto che quella è la strada più breve per arrivare a casa. Incredibilmente, ma non troppo, il tizio c’è. Anche la sua sbronza. Anche il suo palo. E anche la canzone che ho in testa, sulle sue labbra. Mi fermo, si ferma. Lo guardo, mi guarda.
Diciamo: «We must never die apart».
«Perché quanti questa canzone?» gli chiedo, «la canti al tuo disco… palo?».
Il tizio ride.
«E tu, perché la canti? A chi la canti? La canti a qualcuno in particolare?».
Aveva lo sguardo fisso sul mio. I suo occhi, sempre tritati da vene rossastre, erano ironici.
«No» rispodo divertita, «La cantavo così, tanto per…».
«Non si canta mai tanto per… io la canto a me stesso, per ricordarmi che solo io veramente mi appartengo, e forse questo palo; che solo io posso essere la mia puttana, la madre dei miei figli, ecc. Conosci la canzone, no!?».
Rimango di stucco di fronte alla risposta biascicata dal tizio. Sono incuriosita e continuo a fargli domande.
«Perché cantavi Que sera sera e Black Night?».
«Tu perché le cantavi?».
«Io non le cantavo!».
«Sì, l’ho visto dal tuo sguardo, nessuno si sarebbe fermato a fissare un tizio ubriachissimo che fa sagome intorno a un palo, ad ascoltare quello che canta. A meno che, anche lui, non stia cantando la stessa canzone».
«Giusto» rispondo sempre più incuriosita e appena divertita.
Il tizio era strano e pensavo che era l’unica persona con cui avevo avuto un’intesa così profonda.
«Perché eri felice e incazzato?» gli chiedo per confermare o discreditare le mie teorie. «Sai» continuo, «io non ero felice, ma incazzata lo ero davvero, e ora sono…».
«…appagata» mi interrompe, centrando in pieno.
«Sì. Mi sono accorta che nonostatnte non riesca a trovare uno straccio di lavoro, e nonostante mi continuino a fregare le idee, ciò che creo è mio, è qualcosa da cui non potrò mai distaccarmi, mi appartiene, e non mi interessa se gli altri non lo accettano o lo accettano troppo!».
«Quindi anche tu la canti a te stessa? Non canti tanto per… una canzone, di solito, intesa come una dedica a qualcuno in realtà è ottima per se stessi, per ricordarsi chi si è e cosa si è in grado di fare».
Ora il tizio aveva un tono diverso, non biascicava ma parlava e le sue parole sapevano tanto di saggio. Continuavo a chiedermi, nel frattempo, cosa diavolo bevesse, se per caso poteva darmi il nome del market dove comprava le sue bottiglie.
«Ma chi diavolo sei?».
«Sono solo un ubriacone che fa sagome intorno a un palo. Sono uno che è stato incazzato perché non riusciva più a fare sagome precise intorno al suo palo. Felice? Io non sono stato felice, sono stato indifferente, indifferente a ciò che mi sarei trovato di fronte a ogni giro. Sono soddisfatto di tutto questo».
Le mie teorie erano confermate, chi lo avrebbe mai detto. Ma dette da lui sembravano meno banali.
«Continuerai a fare sagome intorno a un palo? Sai, così continuerò a passare da qui per tornare a casa, e non perché è la via più breve, ma semplicemente per ascoltare la canzone che ho in testa».
«Certo. Riuscirai sempre a sentire la tua canzone».
Detto c’ho il tizio se ne andò verso il lato opposto.
Continuai a passare di lì e continuai a vederere il tizio-puntina di giradischi-ubriacone disegnare sagome intorno al palo, e naturalmente continuai a sentire la canzone che avevo in testa sulle sue labbra.
Maggy

giovedì, maggio 07, 2009

Capistrello, il paese dei minatori

Articolo del nostro amico Gianfranco Ricci tratto da www.terremarsicane.it



Capita a volte che un paese si identifichi in un mestiere. La presenza di una industria, di una coltura specifica o lo spirito di emulazione portano un numero rilevante di persone nate in uno stesso luogo a esercitare la stessa arte (1).


Quando ciò accade, è l'intera collettività che ne resta condizionata dal punto di vista economico e sociale. Capistrello è il paese dei minatori. Si vuole che lo sia fin dalla sua fondazione, che la leggenda attribuisce agli schiavi-operai dell'imperatore Claudio impegnati nello scavo dell'emissario del Fucino (2). Certamente lo è dalla realizzazione del nuovo emissario, intrapresa nel 1854 da Alessandro Torlonia (3). Il nobile romano aprì infatti a Capistrello numerose cave di pietra calcarea, materiale principale dell' opera, e qui installò gran parte degli impianti e delle opere di superficie connesse allo scavo. Vista la desolante arretratezza della Marsica dell'epoca (il cavallo era un animale raro e fabbriche di chiodi e corde dovettero essere impiantate in loco, essendo inaffidabili i collegamenti viari), le maestranze specializzate arrivarono da fuori, fin dalle lontane terre romagnole e marchigiane dei Torlonia: capimastri forestieri, dunque, ma manodopera locale. Così cominciò a diffondersi un mestiere pesante e ingrato, che a distanza di più di un secolo non si sa se benedire o deprecare.


Ai lavori per l'Emissario seguirono quelli per la linea ferroviaria Avezzano - Sora. Questi furono altrettanto impegnativi dal punto di vista delle opere. Nel tratto Capistrello-­Pescocanale il grande salto di quota, dai 734 m.s.l.m ai 630 delle due stazioni, è infatti risolto da un sinuoso percorso che perfora la montagna e fa capolino per brevi tratti, fino a costeggiare il Liri: in tutto 6 trafori, di cui uno assai lungo e tutto in curva, che passa sotto l'abitato antico di Capistrello. In quello stesso periodo, poi, furono realizzate allo sbocco dell'emissario due piccole centrali idroelettriche, tra le prime in Italia ad entrare in funzione nel 1906. In tutto quindi, un cinquantennio pressoché ininterrotto di lavoro in galleria per i minatori e in cava per gli scalpellini. I grandi eventi del secolo scorso arrivarono a sconvolgere anche la Marsica; così la Grande Guerra prima e la depressione economica degli anni '20 poi diedero il via al fenomeno che avrebbe segnato da allora la vita sociale del paese: l'emigrazione maschile. Un distacco reso necessario dalla penuria di lavoro, visto che ormai il paese da contadino si era trasformato in operaio, ma senza avere industrie. Da allora il lavoro veniva svolto per lo più all'estero: in Germania, Belgio, Francia, prima che la risollevata economia italiana del dopoguerra richiamasse gli operai di Capistrello di nuovo in patria. Ma successivamente ricominciò l'emigrazione, questa volta verso paesi più lontani: il Vicino Oriente, l'Africa, il Sudamerica; luoghi dove i minatori realizzarono le opere di ingegneria che hanno dato lustro all'Italia.


Così generazioni intere di figli sono cresciuti senza i padri; e anche il paese si è sviluppato male, privo dei suoi uomini migliori. Quando gli utensili principali del minatore - termine con cui designiamo non solo il cavatore di materiale, ma anche lo scavatore sotterraneo tout-court - erano braccia, pala e piccone nonché candelotti di esplosivo, il sacrificio fisico era ovviamente molto superiore a quello che sarebbe oggi, considerato che l'evoluzione delle macchine ha affrancato l'uomo dal1e fatiche più gravi. Il tempo non ha cancellato però l'inquietudine dell'ambiente di lavoro, quel sentirsi sovrastati da una massa greve e compatta e allo stesso tempo pronta a rovinare, sommergendo tutto; né ha cancellato, seppur mitigandola, l'insalubrità della galleria: un'afa stagnante, l'umidità, la polvere, il rimbombo dei mezzi meccanici. Lo scavo di una galleria si effettua per stadi progressivi. Oggi esistono macchinari che scavano il foro-guida come talpe, ma fino a una ventina di anni fa l'incedere del cantiere era più lento.


All'inizio del XX secolo, quando il foro aveva già raggiunto la dimensione voluta, si realizzava la volta in pietra e mattoni; decenni dopo si costruirà in cemento armato in modo da avere le spalle protette da eventuali frane. Davanti a questa, si avanzava (5) intaccando la parete compatta del terreno con fori trivellati all'interno dei quali si inseriva l'esplosivo; dopo di che si facevano brillare le cariche, si asportava il materiale e si realizzava con centine armate la sezione di volta successiva. L'ultima operazione era il getto dell'arco rovescio (6). Il ruolo più rischioso era ovviamente quello del fochino, il minatore che inseriva le cariche esplosive nei fori battendole una sull'altra. L'esplosione delle cariche inoltre poteva rompere un diaframma solido dietro il quale si nascondeva terreno sciolto, una falda acquifera o una sacca di gas.


Quindi al pericolo si sommava la fatica quando si armavano le centine o si doveva caricare il materiale di scavo a mano se la sezione del tunnel non consentiva l'ingresso di mezzi meccanici. Anno dopo anno l'operaio più capace diventava caposquadra, poi assistente e infine, quando la sua esperienza superava perfino la preparazione di tanti capi cantiere e progettisti, capo-imbocco. Diverse le mansioni, ma immutato l'ambiente di lavoro e le conseguenze sulla salute. Sulla "Piazza del Mercato" di Capistrello un obelisco di cemento svetta più alto della vicina colonna in pietra che celebra i caduti della Grande Guerra: questo perché è stato più alto il prezzo che il paese ha pagato al lavoro. Sono mille le Marcinelle (7) in cui gli operai di Capistrello hanno lasciato la vita o subito incidenti; ed è impossibile contare le vite spezzate dalle malattie legate alla galleria. Chi ironizza sulle pensioni di invalidità non deve avere mai sentito il respiro di un malato di silicosi, la malattia che più di ogni altra ha segnato e stroncato la vita della maggior parte di questi operai.


Santa Barbara è la patrona dei minatori ed ogni 4 dicembre la vita nei cantieri si ferma; nelle gallerie per un giorno il rombo delle macchine lascia il posto alla preghiera e per una volta l'operaio e l'ingegnere mangiano uniti, allo stesso tavolo, sotto la stessa protezione. I grandi trafori e le autostrade italiane, i viadotti e le dighe nei luoghi più inospitali di tutto il mondo: dall' Africa al Vicino Oriente prima, nell'Est europeo e nella . Cina oggi, hanno visto protagonisti questi uomini con la loro maestria e i loro sacrifici. Quelli che sono tornati (e tornati in salute) lo devono alla fortuna, al caso e anche alla Santa dei minatori. Chiedeteglielo e magari vi risponderanno di no: ma se volete bestemmiarla in loro presenza, preparatevi alla fuga!


Note
l - Basti ricordare i cuochi di Villa Santa Maria, i ceramisti di Castelli o gli orafi di Valenza Po; ma anche i cavatori di Carrara, anche se nei centri maggiori probabilmente l'impatto sociale del singolo mestiere diminuisce.
2 - Ipotesi non suffragata dalle fonti storiche, che citano un solo alloggio per gli operai, posto sul versante fucense. La logica vuole però che le maestranze fossero dislocate nel territorio di Capistrello, lungo ii quale si sviluppa per il 90% la galleria sotterranea. Da ciò l'ottocentesco motto comunale "Caput castrorum" (II più grande degli accampamenti), da cui si vuole far discendere il toponimo. Che però, molto più semplicemente, potrebbe essere legato all'orografia del territorio: Capistrello è posto sul fianco sinistro della vane del Liri in una stretta gola: un "Capistrum", appunto. 3 - La bibliografia sul prosciugamento del Fucino, una delle maggiori opere di ingegneria dell'antichità e dell'Italia post-unitaria, è vastissima. Un utile compendio, arricchito da bellissime illustrazioni e mappe. si può leggere in: AA.VV., Il Fucino e il suo emissario, Chieti, Carsa, 1994.
4 - Capistrello passò dai 2.400 abitanti circa del 1850 ai 6.000 del 1921. Un'espansione rapidissima, dovuta anche al!' affermarsi dell' industria della pietra: gli scalpellini dei paese si sarebbero fatti conoscere in tutta la regione e anche a Roma, fino a propone la dura pietra locale per la realizzazione del Vittoriano (dove peraltro vinse il concorso il più candido e friabile Botticino). L'ultima cava è stata chiusa nel 1974, quando ormai le case del paese l'avevano raggiunta e le continue esplosioni delle mine rappresentavano un serio pericolo. Chiuse le cave, è morta pian piano ogni tradizione. artigiana inloco. Eppure, ad aprire le attivissime cave di Coreno Ausonio (FR) è stato ancora un cavatore di Capistrello.
5 - Di qui il termine avanzamento, che indica la parte più lontana dall'imbocco.
6 - L'arco rovescio è la parte della galleria che noi non vediamo, quella per intenderei sulla quale viene impostato il piano stradale, ma che ha una funzione statica importantissima: il tunnel può resistere alla pres­sione creata dalla massa di terreno solo perché ha la forma di un "tubo" chiuso.
7 - Nel maggio del 1957 nella miniera di Marcinelle, in Belgio, per un crollo morirono 240 operai.


Gianfranco Ricci

venerdì, aprile 03, 2009

Paul Connet a Tagliacozzo

Segnaliamo molto volentieri l'iniziativa promossa dal Comitato Piani Palentini in programma domenica 5 aprile alle 15.30 a Tagliacozzo.

mercoledì, febbraio 25, 2009

Kaput versus Babbo Natale

Ormai da diverso tempo ci stiamo accanendo contro quel panzone in rosso, che la vigilia di natale da generazioni e generazioni i genitori usano a pretesto per mettere a letto i più piccolini, e poter così continuare beatamente ad ubriacarsi e a ballare... e perché no a copulare.
Non è certo un caso che io sia nato il 20 di settembre. I miei devono avere detto ai miei fratelli più grandi di
filare a letto, perchè altrimenti babbo natale non sarebbe arrivato, e con lui i loro regali. Poi per l’eccitazione
della festa devono aver deciso che era il momento giusto per fare il quarto figlio...
In teoria quindi dovrei ringraziarlo il panzone, eppure mi sta sulle balle...
Sara quel suo aspetto ridicolo, quel suo nasone da alcolizzato, quella barba decisamente troppo lunga che
probabilmente nasconde un volto sfregiato dall’acne giovanile .
...me lo immagino a quindici anni: una bomba puzzolente di ormoni maschili, troppo panzone per piacere alle
ragazze, troppo ridicolo perché qualcuno potesse volerlo come amico. Costretto a consolarsi coi bei voti in
pagella e le lusinghe degli insegnanti. Un ragazzino triste e solo.
Un ragazzino senza palle, che ha preferito isolarsi dal mondo piuttosto che affrontarlo.
Un ragazzino che una volta grande se l'è dovuto comprare l'affetto della gente.
Che d'amore abbiamo bisogno tutti.
Coi suoi regali del cazzo e le sue risatine idioti s'e fatto finalmente amare da tutti!
Ma è vero amore questo? E così materialista l'amore?
Can lettori, dite anche voi la vostra. Scrivete, con dovizia di particolari, il vostro raccontino su babbo natale.
Cosa rappresenta per voi? Quanto l’amate? O quanto lodiate?
L'idea è quella di riunire i migliori scritti in un volumetto.
Naturalmente sono ben accetti anche disegni, poesie o quant’altro.

InTheNino

Ne ho vedute tante da raccontar… giammai gli elefanti volar!

Anno 2009, mi piacerebbe spedire una persona da sola nello spazio, ma non voglio essere banale. Gli stupri sono l'angoscia del momento, cosi come poco tempo fa lo erano gli ubriaconi al volante. Nel frattempo, l'avvocato del tizio che mi piacerebbe vedere nello spazio, è stato condannato a 4 anni e mezzo di reclusione mentre il suo coimputato impunibile per "sua scelta" (vedi leggi at personam), scherza allegramente sui desaparecidos, "giovani argentini che avevano l'abitudine di lanciarsi dagli aerei senza paracadute". Ma del tizio che spedirei volentieri in orbita sappiamo già tutto e non ci resta altro che salutare con gioia ogni suo atto di manipolazione del sistema. A noi piace vedere con quanta abilità e maestria riesce a restare impunito, lo ammiriamo per quello che anche noi sentiamo dentro, è il sogno di tutti, fare quel che si vuole e non essere puniti. A tal proposito, c'è un esempio di paese virtuoso, dove chiunque può fare in piccolo, quello che la persona che mi piacerebbe vedere nella costellazione di Orione, fa a livello nazionale. E una vera e propria palestra di vita il governo di questo piccolo centro e dovrebbe essere consigliata a chiunque prima di entrare in parlamento. Negli anni, sono state costruite opere bellissime che ne hanno cambiato la storia e lo hanno reso famoso, ricordiamo la
Piscina Olimpica, il Bocciofilo Internazionale, l'Anfiteatro di Corcumello, l'Ostello della gioventù, inoltre sono stati eseguiti lavori di ammodernamento importanti e mirati come la riqualifica dei due depuratori finalmente pienamente efficienti, il miglioramento della rete idrica che riesce a soddisfare le esigenze degli utenti con acqua corrente anche alle 11.30 antimeridiane e per dare il giusto spazio alla cultura è stata modernata ed ampliata con unanime consenso la biblioteca pubblica, vero fiore all'occhiello di questo posto dove teatro e cinema non sono stati ancora creati per rispetto dei paesi vicini. È stato varato un piano regolatore innovativo che detta le norme per la riqualificazione del centro storico, ve ne cito alcuni passi fondamentali: "Facete comme cazzo ci pare, tanto a nu che cci nne frega"! Nel frattempo, messe da parte temporaneamente le due ipotesi di una funicolare che ci avrebbe collegati a Campo Staffi ed un autodromo nei Piani Palentini da riconvertire anche in aeroporto civile, si è puntato tutto sui rifiuti, creando discariche un po' ovunque, gettando materiali pericolosissimi in mezzo la natura in modo da renderli più simpatici e umani all'occhio di tutti. È bello fare un giro e vedere poiane, tassi, istrici, ghiandaie, lavatrici, divani, amianto, un perfetto connubio tra essere umano e natura, un amore per la nostra terra che va al di là del singolo individuo. A tal proposito, le volpi che hanno concesso lo sfruttamento e l'ampliamento della discarica, lo hanno fatto per amore verso il proprio popolo e verso la natura, lo hanno fatto per noi singoli cittadini e per i nostri figli, lo hanno fatto per tutti. Messo da parte però il nobile sentimento e visti i dubbi sugli studi fatti con parametri difficilmente accettabili per chi vive da più di un inverno qui, (dalla relazione risultiamo essere un paese senza vento, “ma allora tutte le ote che sse cci spacca la faccia ci lo sonnemo?”), mi viene da chiedere al prossimi sprinter della politica, ai prossimi dispensatori di allegri saluti, di strette di mano, di complimenti e di progetti fantastici per un futuro migliore: "Che cosa ne pensate di questa discarica? Che cosa intendere fare? Quali garanzie ci darete?". Credo che tutti vogliano saperlo, credo che sia un diritto di tutti sapere se il nostro Kaput Castrorum, già rinominato Kaput Bar, non debba essere chiamato Kaput Monnezza. Tutto questo è chiesto con semplicità e con fiducia a tutti. Futuri governanti, badate bene, siamo incazzati neri e non accetteremo più bombe ecologiche o nuovi ecomostri, tutti amiamo il nostro “pais” e vogliamo che sia un posto migliore e chiunque vincerà dovrà impegnarsi a fondo per renderlo così come lo vogliamo. Governare un “pueblo” deve essere una missione per migliorare la vita di tutti, non una corsa al "ficchemo più parenti possibili nel minor tempo possibile". Auguri a tutti e non veniteci a raccontare nuove cazzate, “le conoscemo già tutte, semo visto pure gli elefanti volà (oltre agl'aseni)!”
Il Quinto Fajoint

IL RE DELL'AVANA

La prima lettura dell’anno è stata un’immersione veloce per divorare, riga dopo riga, la storia e le avventure di Rey, giovane cubano protagonista de Il re dell’Avana, romanzo duro e mai scontato di Pedro Juan Gutiérrez, un autore che il mio caro Fajoint non ha esitato a suggerirmi come il Bukowski dell’Avana. L’autore, nato nell’isola nel 1950, ha avuto modo di “crescere” insieme alla Rivoluzione castrista, ma Gutiérrez è bravo, in questo libro, a non trattare mai direttamente quella stessa rivoluzione, a non nominarla, lasciando solo intuire al lettore quello che ha significato e continua a significare per la popolazione e per tutto l’ambiente cubano, senza facili retoriche e senza frasi già dette e sentite. Così Il re dell’Avana è “semplicemente” un romanzo che parla di una storia di un amore impossibile in una Cuba nascosta e poco conosciuta a noi occidentali; una Cuba di derelitti, poveri e incapaci, possessori di un’unica ricchezza: il proprio corpo. Un corpo da vendere agli angoli delle strade, sulle panchine del Malecòn o su materassi lerci in ricoveri di fortuna; per pochi spiccioli, per una bottiglia di rum o per un cartoccio di manì, ma anche e soprattutto per un po’ di felicità: quella negata a chi non ha vissuto altro che la miseria e le difficoltà di una vita passata tra riformatori e immondizia e che solo grazie al sesso riesce a fare capolino nelle vite di Rey, Magda e di tutti gli altri personaggi che compaiono in questo sconfortante affresco. Una felicità che, paradossalmente, consente a Rey di attribuirsi il titolo regale solo perché in possesso di un membro fenomenale e di due perlajanas incastonate nel glande che fanno letteralmente impazzire le giovani jineteras, i froci e le donne di ogni età; ma anche una felicità che in questo angolo di mondo non può essere destinata a durare a lungo, e che non riuscirà a impedire il tragico finale di quella stessa storia d’amore che consentiva ai due giovani di guardare al presente e al futuro con occhi più leggeri. Scritto con ritmo incalzante, senza filtri e senza mediazione alcuna nel linguaggio, Il re dell’Avana aiuta a guardare la bella e solare Cuba da un’ottima prospettiva e lei, stella polare e sogno utopico di diverse generazioni ne esce per quello che è oggi: un’isola affamata di sesso ma che più di una volta sembra non farcela ad andare avanti, un’isola stanca e bugiarda, povera ma pur sempre con il sorriso sulle labbra…



Il re dell’Avana. Pedro Juan Gutierrez – Edizioni E/O – € 8,00

HELP HELP

Ho tanta rabbia e amarezza che non so come iniziare questo articolo, nella mia mente si accavallano mille pensieri che non riesco a trovare nessun filo logico. Provo a raccontarvi una storia: c'era una volta una bella bimba che amava studiare e imparare dal mondo che la circondava, la bambina crescendo aveva sempre più sete di conoscenza e voglia di fare, divenuta ragazza si è iscritta all'università, si è impegnata molto e si è poi laureata con il massimo dei voti. Si è poi ritrovata immediatamente scaraventata nel mondo del lavoro, e lì le sue speranze si sono pian piano spente. Sappiamo che l'Italia non offre nulla ai giovani, puoi impegnarti quanto ti
pare ma se non sei figlio "di papa" devi guadagnarti ogni centesimo fino ad arrivare a dare tutto per non avere quasi nulla in cambio. Devi imparare a leccare il capo, ad essere falso, a non guardare in faccia nessuno per poter andare avanti, ma io no, non ci sto, non mi sta bene, perché non si incominciano a guardare i meriti, chi si impegna, chi vuole guadagnarsi onestamente la giornata? Ma allora non ci ho capito proprio un c...o nella vita? Guardiamo chi ci governa, loro dovrebbero essere il nostro punto di riferimento, dovrebbero... ma io non vorrei mai diventare come uno di loro, destra o sinistra che sia, pensano sempre e solo ai loro interessi, e noi povera gente comune che a mala pena arriviamo alla fine del mese? Mah, io onestamente non ci sto capendo più nulla, mi guardo intorno e vedo un mix di ricchezze e di povertà senza alcun intermedio, gente che uccide per 100 euro, violenze, stupri, ma dove stiamo andando? Nonostante tutto, non possiamo fare altro che proseguire, dobbiamo essere noi giovani a crederci ancora, prenderci tutto il peso di questa devastante crisi che ci sta consumando e mattone dopo mattone incominciare a ricostruire...
Un'amica

LA LEGGENDA DEL BAR 99

Erano appena le tre di notte di un venerdì di dicembre e come sempre eravamo rimasti 10, il mio caro amico Gonist e i nostri due rum. II locale era pieno di fumo e i mozziconi di sigaretta al suolo erano forse pili delle mattonelle, aprire le finestre a quell'ora non ci sembrava una buona idea... nel locale c'era solo un po’ di luce proveniente da un neon sul lato delta stanza.
Io seduto sullo sgabello fissavo a macchina del caffè mentre poggiavo il bicchiere vuoto sul bancone. Gonist, fidato barista di sempre, fini il suo rum e subito ne versò altri due. Mi disse mentre versava con aria serena "Ehi, ma non vorrai dirmi che questi stramaledetti Annunaki crearono il genere umano?". Ridendo risposi "Caro Gonist ma veramente credi a Darwin? Ci sono molte cose che non vanno nella sua teoria... passi fondamentali inspiegabili". Gonist mi fissò e mandandomi a quel paese sorseggiò il suo rum...
Ripresi il discorso dopo aver acceso una sigaretta: "Questi maledetti alieni sono scesi dal pianeta Nibiru, un pianeta situato tra Marte e Giove che ha un'orbita talmente ellittica che lo fa rientrare nel nostro sistema solare ogni 3600 anni! E come un pianeta navetta tra le vane costellazioni". Gonist adesso mi fissava come chi aveva visto un fantasma, diedi un tiro alla sigaretta e ripresi: "dai Gonist è palese che la nostra razza sia il frutto di una clonazione fatta da un essere superiore", sorseggiai il rum e Gonist a quel punto fece un sorriso e mi mandò per l'ennesima volta a quel paese.
Fu verso le 3.15 che qualcuno bussò alla porta del bar ormai chiuso da più di un ora, Gonist mentre si avviava verso la porta esclamò "ma chi cazzo è a quest'ora". "Addio ecco gli annunaki", risposi io in tono scherzoso.
Sentimmo una voce provenire da fuori "Ehi c'è qualcuno? Scusate mi sono perso, avete un telefono?".
Gonist non esitò un istante e ape subito la porta, ai nostri occhi si presentò un signore sulla trentina con un buffo cappello nero e un lungo cappotto marrone... non lo conoscevamo e non l'avevamo mai visto. "Ehi muoviti ad entrare che c'e' un gran freddo" disse Gonist. Scusatemi ma ho un disperato bisogno di telefonare, la mia macchina si è fermata proprio qui fuori". "Nessun disturbo" disse Gonist, il telefono è lì, vuole qualcosa da bere? Non si preoccupi offre la casa. "La ringrazio", disse lo straniero in un perfetto accento italiano, "non desidero nulla" e riprese a digitare numeri sulla tastiera telefonica. Io e Gonist bevemmo l'ultimo goccio di rum e mentre mi alzavo dallo sgabello la mia attenzione finì sulle mani dello straniero, nella penombra sembrava avesse delle unghie lunghissime! Proprio mentre mi giravo per farlo notare a Gonist lo straniero sbattendo la cornetta del telefono si avvicinò rapidamente al bancone proprio di fronte a me e subito dopo con un mezzo sorriso disse: "Credo proprio che un buon cognac non possa farmi che bene adesso. Il mio sguardo andò di nuovo sulle sue mani ma non avevano nulla di
strano adesso, d'improvviso mi sentii toccare la spalla, alzai velocemente lo sguardo e lo straniero, mentre si toglieva giacca e cappello, mi disse: "Cosa stai guardando?". "Niente" replicai prontamente, "mi era sembrato che portasse delle scarpe che cerco da tantissimo, casomai potevo chiederle dove le avesse prese. "Ahhh" disse to straniero, "a me era sembrato che stessi guardando le mie unghie...".
"Ma no perchè avrei dovuto?". Il discorso fu interrotto da Gonist che poggiava il bicchiere sul bancone e con tono secco disse: "Ehi capo qui i tirapiedi non ci sono mai piaciuti". Lo straniero scoppiò in una fragorosa risata! "Non c'è nulla da ridere" disse Gonist. Allora lo straniero tornò serio e porgendo la mano disse "Scusate sono un po’ nervoso, il mio nome è Kudram piacere". Io e Gonist ci guardammo un attimo e poi ridendo porgemmo entrambi la mano allo straniero...
"Non preoccuparti, anche noi non stiamo molto bene. “Il rum questa sera sembra acqua" disse Gonist mentre portava il bicchiere in bocca.
Spensi la sigaretta sul pavimento e mentre il fumo mi usciva ancora di bocca domandai allo straniero: "Da dove vieni, non ti abbiamo mai visto da queste parti". Buttò in corpo il cognac tutto d'un colpo "Non posso dirvelo, il vostro mondo ancora non è tenuto a sapere queste cose". Adesso potevo vederlo bene, era vestito completamente di uno strano abito nero e aveva dei lunghi capelli biondi come quelli di un elfo! Mi tolse il respiro... Gonist si mise a ridere e accendendo una sigaretta disse in modo motto scherzoso "Era ora che qualcuno venisse dallo spazio". Kudram lo fissò in modo strano e subito dopo squillò il telefono, io rimasto a bocca
aperta non riuscii nemmeno a muovere le labbra che lo straniero aveva già l'auricolare sull'orecchio. Gonist lasciò cadere il bicchiere sul pavimento e per circa 10 secondi ci guardammo con aria Stupita. “Ok tra 2 minuti, non ti preoccupare ci penso io", rispose Kudram al telefono e subito dopo riagganciò la cornetta. Quasi balbettando Gonist disse "Ma chi cavolo è lei e cosa è venuto a fare".
Kudram afferrò il suo cappotto e mentre lo metteva disse "Non ho tempo per spiegarvi, un avido essere spregevole delle regioni glaciali che voi chiamate Babbo Natale questa sera si fermerà in questo bar, io ho l'ordine di fermarlo a tutti i costi. Perciò quando sarà qui fate finta di niente io mi nasconderò". "Cosaaaaa?" dissi io. “Babbo natale?". Non ti preoccupare dopo vi spiegherò ogni cosa". Qualcuno bussò alla porta, io e Gonist ci girammo di colpo. "Oddio cosa dobbiamo fare Kudr…” Kudram era scomparso nel nulla.
"Cazzo Kudrain dove sei?" dissi io a voce bassa... niente, nessuna risposta. Gonist era ancora immobile e gli diedi una Strattonata "Cazzo Gonist vai ad aprire e fai finta di niente"... Gonist ancora mezzo stordito dalle dichiarazioni di Kudram disse "Merda che dio ci aiuti. Vado".
La porta aprendosi scricchiolò, una figura enorme era davanti ai nostri occhi. Un uomo alto due metri e largo quasi tre, un sacco marrone come quelli usati per le patate stracolmo di non so cosa in una mano e un beffardo sorriso stampato in viso! "Che fai buonuomo, non lasci entrare un assetato viaggiatore?" disse lo straniero. "Sì certo, mi scusi" disse quasi balbettando Gonist.
Lo straniero entrò e si avvicinò al bancone dove ero seduto io. "Buonasera ragazzo". "Buonasera", replicai io. "Posso offrirvi qualcosa?" Gonist richiuse la porta e avvicinandosi al bancone con aria all'apparenza serena rispose "Certo, purché sia un buon rum".
Io ormai ero immobile sullo sgabello e ripensavo alle parole di Kudram... mi chiedevo cosa avrebbe mai potuto fare babbo natale da far scomodare un alieno di razza nordica. Mentre riflettevo Gonist aveva già versato il rum e lo straniero alzando il bicchierino al cielo chiese un brindisi. "Un brindisi a voi miei cari che state per essere illuminati", non riuscii nemmeno a muovermi dallo sgabello che il possente omaccione mi avvolse nella presa del suo grande braccio con il quale reggeva il sacco. Dall’altra mano tirò fuori un'arma mai vista a forma di pistola e la puntò verso Gonist.
"Cosa cazzo fa?" urlò Gonist in preda al panico. Lo straniero fece una grossa risata "Poveri sciocchi, i vostri organi saranno venduti per finanziare la guerra e la razza nordica finalmente cadrà sotto il controllo di Zeta reticoli". Con il poco fiato che mi rimaneva mi rivolsi allo straniero dicendo "Ma babbo natale non puoi essere tu. Lui è un uomo buono che porta regali ai bambini". Lo straniero rise ancora più forte, "Quella è la scusa che mi permette di entrare nelle case di notte per i miei loschi piani..." si fermò di colpo...
"E tu? Tu come fai a sapere che sono babbo natale?". Mi lasciò dalla sua morsa letale e caddi in terra respirando affannosamente.
Fece due passi indietro puntando la pistola in più direzioni...
"Esci fuori maledetto nordico, lo so che sei qui". Dalla penombra udimmo una voce. "Elatan questa volta non mi scapperai pagherai per i tuoi crimini e per aver illuso per millenni le popolazioni della via lattea, delta galassia del cane maggiore e del sagittario".
Kudram uscì dall'ombra con in mano due sciabole luccicanti, Elatan gli sparò subito un colpo dalla sua arma che sembrò rimbalzare sul corpo di Kudram. Lui scoppiò in una grossa risata! "Ma cosa credi di fare? Le Nanopistole sono ormai una tecnologia obsoleta nei nostri pianeti". Elatan allora non esitò a buttare a terra il sacco. "Caro Kudram questa volta ti è andata male" disse mentre apriva il sacco "ho per te una bella sorpresa". Prese dal sacco una piccola bambina che io riconobbi subito. Era Clara, una mia vicina di casa! Subito dopo un vortice tremendo fece balzare me contro il muro vicino il telefono e Gonist contro la macchina del caffè. Perse
i sensi. L'essere aveva ingerito la bambina ed ora si era trasformato in babbo natale! Aveva la forma che tutti conosciamo con il tipico vestito rosso! L'essere tirò fuori dal sacco due asce ricoperte da un alone rosso, sembrava che stessero per fondere! Si lanciò contro Kudram che intercettò il suo attacco e in quel momento lo scoppio delle armi a contatto illuminò la stanza di scintille rosso-verdi, Kudram strillò come un pazzo "Adesso sei mio essere immondo". Un suono metallico risuonò nel locale quando le armi si mossero ancora una volta insieme. Kudram volò indietro verso i tavoli ed Elatan rimasto quasi immobile stava per dare il colpo fatale al nemico! "Adesso sei finito mio caro nordico, avrai la tua vendetta forse in un'altra vita" disse Elatan. Le lame stavano per piombare su Kudram quando furono fermate da una mano proprio sul viso del nordico. "Ma cosa diavolo..." disse l'essere immondo alzando lo sguardo. Difronte a lui c'era Gonist, ma non era l'uomo che conoscevo io. Aveva due enormi ali bianche dorate che gli
uscivano dalla schiena e il suo corpo possente e seminudo emanava luce per tutta Ia stanza! "Io SONO Enuma Elish, signore dell'universo. Sono stato qui sulla terra ad aspettarti rinchiuso in un corpo umano ma ora la tua ora è giunta. Le persone che hai trucidato vivranno per sempre in pace nel mio regno". La luce proveniente da Gonist investì il corpo di Elatan in una spirale luminosa che si rinchiuse su se stessa tra i gemiti dell'essere. Ora nel locale c'era solo silenzio, sul pavimento accanto a Kudram giaceva Clara nella sua bellezza infantile incontaminata. Gonist tornò nella sua forma umana, si inginocchiò accanto a Clara e le mise una mano sulla fronte. Guardandomi mi disse: "Domani si sveglierà nel suo letto e non ricorderà nulla di questa brutta avventura". Diede una mano a Kudram e lo fece alzare da terra, perdeva sangue, nello scontro aveva perso un dito. "O essere supremo, ti ringrazio dell'aiuto e per aver finalmente ucciso quell'essere immondo!" disse Kudram. "Non ho ucciso nessun guerriero, Elatan è stato sconfinato nella prigione eterna da dove non c'è ritorno. Sarà per sempre condannato all'oscurità nel silenzio dei suoi peccati. Da oggi tu valoroso combattente nordico sarai il nuovo babbo natale e grazie ai poteri che confinerò dentro di te farai sicuramente quello che la gente si aspetta da babbo natale".
Volse lo sguardo verso di me, si avvicinò e mi aiutò ad alzarmi. Io ancora incredulo cercai di dire qualcosa "Ma Goni…” Mi fermò subito mettendomi una mano sulle labbra. "Mio caro amico oggi sei stato coraggioso a restare qui. Ed è per questo che ti lascerò ricordare l'accaduto e ti restituirò il tuo amico", detto questo Gonist cadde sul pavimento privo di sensi. Kudram mi aiutò a metterlo sul divano del ripostiglio dove di solito riposava... Solo dopo si rivestì e ringraziandomi sparì nel vuoto. Presi un po' di acqua per svegliare il mio amico. Sussultò ed apri gli occhi! "Ma che diavolo è successo?" disse appena sveglio. "Niente" gli dissi "devi aver bevuto troppo". "Eh questo maledetto rum... abbiamo esagerato... dai che chiudo il locale e mi riporti a casa"... Certo Gonist sarebbe proprio ora" risposi io mentre mi mettevo il cappotto. Chiudemmo il locale e in 5 minuti ero già nel mio letto... presi sonno pensando che il giorno seguente il natale sarebbe stato veramente il natale in cui tutti noi abbiamo creduto per anni senza mai assaporarlo veramente.
Lucifugo

giovedì, gennaio 29, 2009

LEGAMBIENTE OSSERVA

Qui le osservazioni di Legambiente Abruzzo sul progetto della nuova discarica sul nostro territorio.

giovedì, gennaio 15, 2009

QUANDO SI DICE UNA BUONA AMMINISTRAZIONE...

In Abruzzo è definita buona, rispetto alla media nazionale, la percentuale di amministrazioni che sono ora in regola con gli adempimenti relativi alla istituzione del catasto degli incendi, alla perimetrazione delle aree percorse dai roghi negli ultimi cinque anni ed ai piani di emergenza. I comuni hanno indicato i responsabili che saranno chiamati a coordinare gli interventi qualora il fuoco dovesse interessare i centri abitati.
Le prescrizioni sono previste nell’ordinanza del presidente del Consiglio dei Ministri, in merito alla quale il Capo del Dipartimento nazionale di Protezione Civile, Guido Bertolaso, ha dovuto concedere più di una proroga. Dopo quella scaduta il 30 settembre scorso, ecco la situazione abruzzese comunicata dalla Regione Abruzzo. Hanno istituito il catasto degli incendi la quasi totalità delle amministrazioni abruzzesi: 303 Comuni su 305 per una percentuale del 99,35%. I due inadempienti sono Capistrello e Civita D’Antino. Hanno predisposto i piani di emergenza incendi 268 Comuni su 305 con una percentuale dell’87,87%. Dei restanti 37 Comuni, 27 (8,85%) sono nella fase finale della redazione dei piani, 10 (3,28%) nella fase iniziale. Tra questi ultimi figurano Pescara, Teramo, Carsoli e il solito Capistrello. Civita d’Antino ha ultimato il piano che è in fase di approvazione.
Rispetto alla perimetrazione delle aree percorse dal fuoco, sono in regola 92 comuni sui 151 interessati dai roghi, per questo obbligati all’adempimento: 60,93 la percentuale.
Tra le 59 amministrazioni comunali non in regola spiccano Lanciano, Vasto, Silvi e Teramo, oltre ai soliti Capistrello e Civita d’Antino.

"Estratto" da Semidiceviprima

mercoledì, gennaio 14, 2009

Per chi è interessato...


Articolo tratto da: www.terremarsicane.it

Il diciotto gennaio alle 17.30 i responsabili del neo comitato "Piani Palentini" hanno organizzato un incontro per illustrare ed approfondire alcune tematiche del progetto "Mega discarica" che dovrebbe sorgere in località "Trasolero" a Corcumello, frazione di Capistrello. Il progetto è ancora in fase di approvazione e per questo i rappresentanti del comitato hanno voluto incontrare i cittadini ed analizzare, insieme a degli specialisti, i vari problemi che la discarica potrebbe creare. In particolare verranno sottolineate le potenziali ricadute per quanto riguarda la salute pubblica e l'inquinamento ambientale.

Oltre ai vertici del comitato saranno presenti all'incontro anche l'assessore della Provincia dell'Aquila con delega all'ambiente Michele Fina e il segretario regionale di Legambiente Abruzzo Angelo Di Matteo. Durante l'assemblea, che si terrà nella sala "Ottaviani" della Parrocchia di San Giuseppe a Capistrello, verranno presentate le azioni messe in atto fino ad ora dal comitato "Piani Palentini" finalizzate a contenere l'ampliamento della discarica e l'individuazione di eventuali soluzioni alternative. Gli esperti e i componenti del comitato, alla fine degli interventi, saranno a disposizione per un "question time" durante il quale i cittadini potranno chiedere eventuali chiarimenti. Il comitato di cittadini da poco formatosi vuole tutelare gli interessi della comunità interessate dalla realizzazione della discarica di Trasolero e seguire passo passo tutte le fasi che porteranno all'apertura dell'impianto.