martedì, gennaio 05, 2010

Editoriale

Quella che leggete qui in basso è la canzone scritta dal “Maestro” Piccinini in occasione della prima edizione di Arziwinter. Oltre ad essere già diventato un cult per noi, il pezzo farà da colonna sonora in “Che ete ngiro co sto friddo”, lo spettacolo itinerante in programma il 27 dicembre. Vi consigliamo di portare con voi questa copia, potrebbe capitarvi di incrociare per strada la processione pagana capitanata dal vin brulé e allora è il caso di non farvi trovare impreparati...
Capitolo Secondo: il Natale di Kaput. Come da tradizione anche noi facciamo il nostro regalo alla comunità. Bene, se l’anno scorso gli abbracci dispensati dalla redazione erano serviti più che altro a trasmetterci germi a vicenda quest’anno torniamo ad essere un po’ materialisti anche noi regalandovi la preziosissima selezione musicale di InTheNino contenuta nel secondo volume de “Jo Cd Farzo”... Procuratevelo... È un pezzo da collezione targato Kaput! Buone sbornie a tutti!

Soffia alla vela

“Tutti al lavoro!”
...e passò la febbre dell'oro,
passò la città intera
davanti ai bimbi nudi nella fiera
Soffia la vela
vieni a vedere l'America!
Porta la luna amore mio:
io non ci vedo più

Vieni allo sposo,
vieni a vedere il tesoro
che qui il tesoro trovò me
con queste braccia a pezzi nella pietra
Soffia alla vela
vieni a vedere l'America!
Porta due mani amore mio:
io non le muovo più

(Se Capistrello
si trasformasse in uccello
risalirebbe al cielo
da sotto l'olio a galla lungo l'Hudson!...)
Soffia alla vela
vieni a vedere L'America!
Porta il corredo amore mio:
io non ritorno più

Perché a risorgere
mi servirà questa polvere,
il tuono della miniera,
il lume a carburo acché Cristo mi veda
Soffia alla vela
vieni a vedere l'America!
Porta il vestito amore mio:
non tornerò mai più

Giampaolo Bruno Piccinini

L'ultima collassata

Una ragazza di circa trent’anni sta rientrando a casa dopo una giornata di lavoro.
Risalendo verso casa si ferma in pasticceria, dopo un intero giorno passato ad evitare qualsiasi tipo di cibo, ha deciso di concedersi un “premio”, ma solo ora che nessuno la guarda, che nessuno guarda incessantemente la sue abitudini alimentari.
-Salve-
-Salve, desidera?-
-Vorrei dieci pasticcini, misti, faccia lei-.
-Solo dieci?- (lo chiede con aria infastidita)
-Sì, grazie- (risponde con aria ancora più infastidita)
“Ma tu guarda… una non può neanche prendere SOLO dieci pasticcini, te li sto pagando! Perché diavolo deve fare quella faccia così stizzita e sorpresa?!”
-Basta così?- continua a chiedere la gentilissima commessa sempre con aria stizzita…
-Uhmm… sì… Anzi no, mi dia anche: due biscotti al cioccolato, due al latte, e… due al vino… e, sì anche quelli lì in fondo, quelli con le nocciole.-
La commessa, sempre più irritata prende una bustina ed esegue l’ordine, sbuffando.
“è inutile che sbuffi, se voglio posso anche decidere di prenderne uno diverso dall’altro, e poi farteli rimettere a posto… il cliente ha sempre ragione, STREGA!”
-Basta così?-
La voce è sempre più irritata e pensa:”ma tu guarda ‘sta spostata!, mi sta facendo perdere un sacco di tempo per dei dolcetti!”
-Sì, grazie. Scusi, forse le sto facendo perdere tempo, ma sembra tutto così buono, c’è l’imbarazzo della scelta!-
-Oh no, non si preoccupi, la capisco!-
“Te ne sei accorta brutta cicciona, MUORI!”
-Bene sono sei e cinquanta-.
-Ecco a lei, arrivederci-.
-Grazie, arrivederci- “spero tu muoia mangiandoli”.
“Ma tu guarda se una deve sentirsi imbarazzata nel comprare i dolci, perché una idiota di commessa deve fissarti e metterti l’ansia perché le stai facendo una lista troppo variegata…”
La ragazza sta rientrando in casa, naturalmente è sola, apre la porta in tutta fretta, getta subito la borsa sul tavolo, neanche si toglie la giacca, che apre il sacchetto dei pasticcini e vi si fionda letteralmente.
“Comincerò da quelli al cioccolato… Uhmm, sono deliziosi”
Intanto li sta divorando uno dopo l’altro senza nemmeno dare tempo alle pupille gustative di assaporarne la bontà…
“Sono buonissimi, ho fatto un sacrificio immenso oggi per non mangiare i dolci che ha portato Laura, ma non potevo dare loro un motivo in più per pensare quanto sia grassa, mi dicono che sono magrissima, ipocrite! Non mi interessa nulla di ingrassare, voglio scoppiare, tanto dopo li vomiterò tutti”.
Li mangia velocemente, si ingozza. La mandibola per così tanto lavoro comincia a farle male, ma lei indolente continua a forzarla riempiendosi la bocca di quelle prelibatezze.
“Ora passiamo ai biscotti, i miei adorati biscotti!… O sarebbe meglio prima svuotare lo stomaco?
Forse se mangio tutto assieme si crea una poltiglia talmente grande da non poter risalire il tubo digerente… Ma se vomito prima i pasticcini, dopo avrò abbastanza forza per vomitare anche i biscotti…”
Eh sì, vomitare richiede uno sforzo non indifferente, ci riuscirà?!
“… ma sì, mangio anche i biscotti, svuoterò tutto insieme”.
E via ad ingozzarsi con i biscotti: un morso a quello al cioccolato, uno a quello al latte, uno al vino, e poi di nuovo cioccolato, stavolta però li mangia tutti e due, li finisce per poi dedicarsi completaente ai superstiti al latte e al vino…
“Oh, quasi dimenticavo quelli alle nocciole, pensavate di sfuggire alle mie fameliche fauci, eh?!”
Quelli alle nocciole si erano nascosti in fondo al sacchetto sperando di farla franca, e invece…
Come in raptus omicida, la sua vista è appannata, forse anche perché non riesce a tener bene gli occhi aperti pressati dalle gote strapiene. La sua voglia di mangiare è abominevole, è un’assassina di dolcetti.
Dopo questa violenta foga divoratrice, si guarda allo specchio e comincia a piangere, forse è pentita dello sterminio che ha appena commesso.
“Ma che diavolo ho fatto? mio dio sarò ingrassata di venti chili con tutto quello che ho mangiato, che schifo! Calma, ci sono sempre le due care vecchie dita…”
Corre in bagno, si china sul gabinetto e comincia il suo vomitevole, per l’appunto, rito:
alza la tavoletta; appoggia la mano sinistra sul bordo del water, afferrandolo molto forte come se volesse stritolare la causa del suo malessere; la mano destra, invece, la infila nella bocca spalancata, così tanto spalancata da far vedere quasi lo stomaco; indice e medio si stirano fino ad entrare nel tubo digerente, quel tubo che ha tanto violentato… e poi è vomito, vomito, deve vedere chiaramente se tutto quello che si è strafogata un momento prima stia risalendo, deve saper riconoscere i pasticcini al cioccolato, i biscotti, le nocciole, deve riconoscere tutti i sapori per essere certa che davvero il suo stomaco si stia depurando dalle delizie, ormai divenute schifezze, trangugiate un momento prima.
“Ecco sento il cacao, il vino, le nocciole, evviva sta risalendo tutto! voglio vomitare anche lo stomaco se necessario…”
Le fitte al torace si fanno sempre più forti…
“Voglio farmi male, me lo merito, faccio schifo, merito di star male per tutti quei dolci che ho sterminato!”
Comincia a mancarle il fiato, tossisce con la mano ancora in bocca, sta per strozzarsi? No, non è per asfissia che rischia di morire, bensì il cuore comincia a batterle forte, fortissimo, fino a cedere.
Cade a terra con la bava alla bocca e la mano destra un po’ più in là mentre la sinistra sta ancora ancorata al bordo del water, con una morsa sempre più debole come se non volesse separarsi da quella parete porcellanata alla quale più di una volta si era aggrappata…
Dentro il gabinetto i cadaveri di quelle golosità che tanto amava e odiava, ma questa volta non potrà tirare lo sciacquone per seppellire le prove della sua malattia. Una malattia incurabile la quale fine gli era stata preannunciata dai dottori qualche settimana prima:
-Signorina deve curarsi,non può continuare a rigettare, prima o poi il cuore cederà allo sforzo che fa-.
“stronzate, casomai potrà venirmi un riflusso gastrico”, aveva pensato.
Ed eccola un po’ di tempo dopo rannicchiata col suo corpo smagrito ai piedi di un cesso, non può più nascondere la sua ossessione.
Maggy

La posta di Kaput

Miei carissimi kaputtini, grazie per avermi inviato il formato elettronico del favoloso Kaput, anche se dopo ben due tentativi, di cui il primo alquanto maldestro. In verità, in verità vi dico che desideravo tanto averne anche una copia cartacea, che l'atra sera come potrete rammentare dato che foste testimoni oculari, dovetti allottarmi in quel di Severino con un giovine locale, anch'egli bramoso dell'agognato pieghevole. I fatti: all'apparire delle vostre signorie eccellentissime recanti in mano alcune copie del suddetto bramato pieghevole, da parte degli astanti per accaparrarsene un numero si scatenò l'inferno. Dapprima il commendator Cicì in persona cominciò coll'allottarsi, et me medesimo in seguito per tentar di por pace fui coinvolto nell'esecrabile misfatto. Me sciocco! Chiedo umilmente scusa per l'accaduto a tulemon! E faccio pubblica ammenda. (In verità, in verità vi dico che la querelle tra il commenda et il giovine andava avanti da tempo in qualità di una colorita messa alla berlina da parte del Cicì a danno del giovine, a proposito delle sciagurate prestazioni calcistiche della equipe della quale il giovine era tifoso, sciagure che venivano trasmesse proprio in quel mentre da un apparato digitale così detto magno schermo.) Ma tutto ciò potrebbe essere fuorviante. La realtà è una sola et limpida: il suddetto pieghevole Kaput, esso appare ai suoi abituali fruitori così desiderabile, così stiloso, così indispensabile che non se ne può fare a meno. Esso crea talmente forte dipendenza che ogni qualvolta appare sulla scena un nuovo numero, si creano fortissime tensioni sociali, rivolgimenti e cataclismi naturali. Per tutto questo vi scongiuro di trovare al più presto nuovi più miti et efficaci meccanismi di diffusione del suddetto, in quanto non vorrei ritrovarmi in futuro coinvolto di nuovo in miserabili et esecrabili allottamenti selvaggi.
Vostro affetionatissimo Lupo de Lupis, il lupo tanto buonino-
P.S.E se fosse la prima di una rubrica "lettere dei selvatici lettori"?