mercoledì, luglio 19, 2006

un paese

Girovagando per Capistrello ho incontrato Nello che con il suo bolide a due ruote sfrecciava da una parte all’altra della statale e per caso mi ha detto del “compleanno” di Kaput, così dopo 5 anni che gli dico di voler scrivere qualcosa mi sono detta che forse è l’ora di farlo. É facile dire “qualcosa” ma poi quando ti trovi davanti un foglio bianco ti fai mille paranoie e ti spremi il cervello cercando di cacciare idee interessanti che possano catturare l’attenzione… ma poi ti rendi conto che non serve a nulla perché il bello di questo giornalino è proprio il fatto che puoi scrivere quello che vuoi semplicemente per il gusto di farlo facendo gli altri partecipi del tuo pensiero, ed è quello che cercherò di fare.

Un giorno, una persona da me molto stimata, mi regalò un libro di Cesare Pavese e mi disse di leggere attentamente delle parole che a suo tempo l’avevano colpita:

Un paese ci vuole non fosse per il gusto di andarsene via.

Un paese vuol dire non essere soli,sapere che nella gente,

nella piante,nella terra

c’è qualcosa di tuo che anche quando non ci sei resta ad aspettarti

Sul momento non diedi molto peso a questo pensiero, nel tempo invece mi sono resa conto di averlo fatto mio.

Le lettere vengono messe insieme in una maniera non casuale a formare delle parole e queste delle frasi che ognuno poi personalizza a proprio piacere. Pavese, secondo me, vuol dire che ognuno per un motivo o per un altro, sia esso studio o lavoro, un giorno è inevitabile che si allontani da dove è cresciuto. All’inizio si è contenti perché si va incontro a qualcosa di nuovo,ci si mette in gioco e si diventa indipendenti ma poi piano piano ti vengono a mancare quelle piccole cose che prima ritenevi banali perché legate alla routine quotidiana, e delle quali invece ti rendi conto di non poter fare a meno.

Poi finalmente, dopo molti sacrifici, si torna a casa e si ricomincia con l’andare su e giù per la statale spendendo almeno 10 euro al giorno di benzina e dopo appena due giorni si perde l’entusiasmo iniziale e ci si rende conto che ora non ti basta più.

Il problema di fondo sapete qual è? Non siamo contenti di nulla, chiediamo sempre più,vogliamo sempre più e pretendiamo senza dare nulla in cambio. Vorrei che le cose cambiassero, vorrei che un semplice sorriso di un bambino possa ancora riempire una giornata, che si possano provare grandi emozioni solamente per il fatto di farsi compagnia. Vorrei tante cose ma a voi che ora state leggendo ne chiedo almeno una: amate questo paese perché fa parte di noi ed è la nostra storia, fatelo brillare di una luce che può essere solo sua poiché creata dal pensiero di tanti Capistrellani.

Un’amica

1 commento:

Anonimo ha detto...

pienamente d accordo!!!;))

_iaia_